La solennità conosciuta come Corpus Christi (in Portogallo chiamato il Corpo di Dio) o il Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, ottenne risalto nella liturgia solo nel 1246, quando il Vescovo di Liegi (Belgio) istituì la festa nella sua diocesi. Papa Urbano IV (già Vescovo di Liegi) ha esteso la festa a tutta la Chiesa, come solennità di adorazione della Santissima Eucaristia.
La cerimonia del Corpus Domini è stata celebrata in Portogallo nel XIII secolo, sin dal regno di re Afonso III. All’epoca era una festa di culto, che non prevedeva la processione per le strade.
Il rito della processione fu istituito da Papa Giovanni XXII (1317). Nella Basilica dei Martiri, a Lisbona, si è mantenuto nei secoli il rito della festa con l’esposizione del Santissimo Sacramento, Processione, Vespri solenni e Sermone.
La Processione divenne la più accattivante e interessante di tutte, meritandosi il titolo di “Processione delle Processioni”.
Costituita da cortei civici e corporativi, con carri, figure pittoresche, danze, mormorii e scene di atti sacramentali, la processione ha richiesto ore di cammino, diventando un evento sia religioso che sociale.
Le Camere, determinando le istruzioni reali, pubblicarono Regolamenti o Regolamenti della Processione, indicando gli usi e costumi, i modi di vestirsi, gli obblighi di ciascuna Corporazione, le danze (tra cui la Judenga, o danza degli ebrei), le bandiere e gli stendardi, le coreografie (angeli, figure sacre …) e il luogo del clero. Rari erano i consigli comunali che non avevano regolamenti di partito, ma i ricordi più espressivi della Processione erano a Coimbra, Porto e Lisbona.
Celebrata a Lisbona, la festa del Corpo di Dio include la Processione, per la prima volta, nel 1389. Erano i tempi del consolidamento dell’autonomia nei confronti della Castiglia e del buon clima creato dalle vittorie bellicose di Nuno Álvares e l’influenza culturale britannica (al punto che de S. Jorge – devozione inglese, vincitore di Mal, do Dragão – da essere considerato Patrono del Portogallo).
Per questo alla cerimonia del Corpus Domini si è aggiunta la festa di S. Jorge. Questa combinazione ha portato alla magnificenza della Processione della capitale. La festa raggiunse una sorprendente grandezza al tempo di D. João V, incorporando la Processione, coinvolse subito le associazioni socio-professionali e anche le delegazioni dei vari Ordini Religiosi di Lisbona (Agostiniani, Benedettini, Domenicani, Francescani, Ordine di Cristo. ..) e militare. Nella processione, si profilava la figura di S. Jorge a cavallo e del Serpe, o drago infernale (di tipo cinese, mosso da comparse), contro il quale si batteva S. Jorge.
C’erano fermate per rappresentare la fama o la gloria di S. Jorge; e anche per una serie di balli. Erano rappresentate anche le tradizionali “stazioni” del Santissimo Sacramento, come avviene ancora oggi nella processione di Siviglia.
Al termine del corteo, arrivava il baldacchino, le cui aste sono portate dai massimi dignitari del Tribunale e della Camera, sempre rappresentati dall’intero Consiglio. Sotto il pallio, il Vescovo di Lisbona si muove, mostrando la custodia con il Santissimo Sacramento. Affiancato dal re, o dal capo dello stato, o da un dignitario simile.
Un punto curioso da notare è la tentazione di compiere attacchi contro figure reali, durante la processione del “Corpus Domini”. Uno di loro, contro la persona di D. João IV. Poiché il monarca sopravvisse all’attentato, sua moglie (D. Luísa de Gusmão) promosse la costruzione del Convento dos Carmelitas, nella Baixa Lisboeta. Costruito nel luogo esatto del crimine fallito, è stato chiamato il “Corpus Christi”. Un altro famoso attacco ha avuto luogo contro D. Manuel II, vicino alla Chiesa di Nostra Signora della vittoria, quando la processione è passata su Rua do Ouro.
Ma la legislazione del 1910, che vietava i giorni santi della Chiesa (eccetto il Natale e il 1 ° gennaio), interruppe il culto pubblico, sebbene nelle chiese continuassero a tenersi messe solenni. Nel 2003, la processione del Corpus Domini è tornata nelle strade di Baixa, dove un tempo si teneva. La solennità, presieduta dal Cardinale Patriarca, è iniziata con la celebrazione della Messa in Largo da Igreja de São Domingos. La processione si è conclusa in Rua Garrett, davanti alla Basilica dei Martiri, con la Benedizione del Santissimo Sacramento. Alla messa e alla processione hanno partecipato più di cinquemila fedeli, tra cui autorità civili e militari.
Oggi la celebrazione inizia nella Cattedrale prima di proseguire per le strade della Baixa.
Nossa Senhora da Nazaré è un’immagine scolpita nel legno, alta circa 25 cm, raffigurante la Vergine Maria seduta su una bassa panca che allatta al seno Gesù Bambino, con il volto e le mani dipinti in un colore “scuro”. Secondo la tradizione orale, fu scolpita da San Giuseppe quando Gesù era ancora un bambino, con il volto e le mani dipinti, decenni dopo, da San Luca. È venerata nel Santuario di Nossa Senhora da Nazaré, a Sítio da Nazaré, in Portogallo.
La storia dell’immagine fu pubblicata nel 1609, per la prima volta, da Frei Bernardo de Brito, nel libro monarchia lusitana. Questo monaco di Alcobaça, cronista del Portogallo, riferisce di aver trovato una donazione del 1182 nel suo registro del monastero, che includeva la storia dell’immagine, che era venerata nei primi giorni del cristianesimo a Nazaret, in Galilea, città natale di Maria. Da qui l’invocazione di Nossa Senhora – da Nazaré. Dalla Galilea fu portata, nel V secolo, in un convento vicino a Mérida, in Spagna, e da lì, nel 711, al Sítio (di Nostra Signora) di Nazaré, dove continua ad essere venerata.
La storia di questa immagine è inseparabile dal miracolo che salvò D. Fuas Roupinho, nel 1182, un episodio che convenzionalmente veniva chiamato “la leggenda di Nazaré”.
Durante il Medioevo apparvero in tutta Europa centinaia di immagini di Vergini Nere, la maggior parte delle quali, come questa, erano scolpite nel legno, di piccole dimensioni e legate a una leggenda miracolosa. Oggi ci sono circa quattrocento di queste immagini, antiche o loro repliche, nelle chiese di tutta Europa, così come alcune più recenti nel resto del mondo.
La vera e sacra immagine di Nossa Senhora da Nazaré non è stata ancora sottoposta ad un test di laboratorio per datarla scientificamente e parallelamente per ottenere conferma di essere di fronte a un’immagine bimillenaria, o ad una replica prodotta successivamente.
La leggenda di Nazaré narra che all’alba del 14 settembre 1182, D. Fuas Roupinho, cavaliere del castello di Porto de Mós, cacciava lungo la costa, circondato da una fitta nebbia, vicino alle sue terre, quando vide un cervo che subito iniziò a inseguire. Il cervo si diresse verso la cima di una scogliera. D. Fuas, nella nebbia, si isolò dai suoi compagni. Quando si rese conto di essere in cima alla scogliera, sull’orlo, in pericolo di morte, riconobbe il luogo. Era proprio accanto a una grotta dove veniva venerata un’immagine della Vergine Maria con Gesù Bambino. Chiese ad alta voce: Nostra Signora, aiutatemi! Immediatamente il cavallo si fermò miracolosamente, conficcando le zampe nel masso roccioso sospeso nel vuoto, salvando così il cavaliere e il suo cavallo da una morte certa che sarebbe derivata da una caduta di oltre cento metri.
D. Fuas scese da cavallo e scese nella grotta per pregare e ringraziare il miracolo. Quindi mandò i suoi compagni a chiamare dei muratori per costruire una cappella sopra la grotta, a ricordo del miracolo, l’Eremo della Memoria, per esporvi l’immagine miracolosa. Prima che la grotta venisse coperta, i muratori demolirono l’altare e tra le pietre, inaspettatamente, trovarono una cassaforte d’avorio contenente alcune reliquie e una pergamena, in cui le reliquie furono identificate come provenienti da San Biagio e San Bartolomeo e veniva raccontata la storia dell’immagine raffigurante la Beata Vergine Maria. Nel 1377, il re D. Fernando (1367-1383), a causa del notevole afflusso di pellegrini, ordinò la costruzione di una chiesa, vicino alla cappella, nella quale fu trasferita l’immagine di Nossa Senhora da Nazaré.
La popolarità di questa devozione al tempo delle scoperte era così grande tra i naviganti che sia Vasco da Gama, prima e dopo il suo primo viaggio in India, sia Pedro Álvares Cabral, vennero in pellegrinaggio a Sítio da Nazaré. Tra i tanti pellegrini della Famiglia Reale, segnaliamo la Regina D. Leonor d’Austria, terza moglie del Re D. Manuele I, sorella dell’Imperatore Carlo V, futura Regina di Francia, che soggiornò presso il Sito per alcuni giorni, nel 1519, in una sistemazione di legno costruita appositamente per quest’ occasione. Anche S. Francisco Xavier, sacerdote gesuita, apostolo d’Oriente, venne in pellegrinaggio a Nazaré prima di partire per Goa. Infatti, i gesuiti portoghesi furono i principali propagatori di questo culto in tutti i continenti.
Nel XVII e XVIII secolo, il culto di Nossa Senhora da Nazaré fu ampiamente diffuso in Portogallo e nell’impero portoghese. Ancora oggi vengono venerate alcune repliche della vera immagine e nel mondo sono diverse le chiese e le cappelle dedicate a questa invocazione. Vale la pena menzionare l’immagine di Nossa Senhora da Nazaré, che è venerata a Belém do Pará, in Brasile, la cui festa annuale si chiamava Círio de Nazaré ed è uno dei più grandi pellegrinaggi del mondo, raggiungendo due milioni di pellegrini in un giorno.
Oggi parliamo di uno dei santi più contesi della storia, un santo che per noi italiani é senza dubbio Santo Antonio di Padova. Ma attenti ad affermarlo qui a Lisbona! Qui é santo Antonio di Lisbona. Durante i miei tour, invito i miei turisti a fare un piccolo esperimento: cercare Santo Antonio su wikipedia. Provate e vedrete che, se in tutte le lingue é Santo Antonio di Padova, in portoghese é Santo Antonio di Lisbona. Ma allora, qual é la verità?
È uno dei Santi più amati della cristianità, eppure Sant’Antonio di Padova, come oggi è conosciuto, porta da sempre con sé questa curiosa polemica legata al suo nome.
A onor del vero, va detto che Antonio visse a Padova per appena 3 anni, gli ultimi della sua avventurosa vita. Fernando Martins de Bulhões – questo il suo vero nome – nacque in una facoltosa famiglia nel 1195 a Lisbona; ai tempi la città era tornata cristiana da circa 40 anni, dopo che Alfonso Henriques la sottrasse ai mori diventando così il primo re del Portogallo. Il padre Martinho, cavaliere del re, viveva con la sua famiglia in una casa vicino alla Cattedrale di Lisbona, dove Fernando fu battezzato.
Nel 1210, appena quindicenne, entrò nell’Ordine degli Agostiniani presso l’Abbazia di San Vincenzo di Lisbona. Dopo circa 2 anni venne trasferito presso il Convento di Santa Croce a Coimbra, vi rimase per circa 8 anni, durante i quali studiò assiduamente teologia. Nel 1219 arrivarono al convento i corpi decapitati di 5 frati inviati da Francesco d’Assisi in Marocco col compito di convertire i musulmani. Fernando rimase talmente sconvolto dall’accaduto da decidere di lasciare gli Agostiniani per entrare nell’Ordine francescano. Scelse quindi di cambiare il suo nome di battesimo in Antonio, e di partire come missionario egli stesso.
Antonio si imbarcò alla volta del Marocco nell’autunno del 1220. Tuttavia, giunto in Africa, contrasse una febbre tropicale che lo costrinse a tornare in Europa. Ma nel viaggio di ritorno in direzione della Penisola Iberica, la nave s’imbatté in una feroce tempesta che ne deviò la rotta in direzione del Mediterraneo.
L’imbarcazione naufragò in Sicilia. Qui, Antonio trovò rifugio nel convento francescano di Messina, dove venne a conoscenza del fatto che a maggio di quell’anno (1221) Francesco aveva convocato l’assemblea elettiva e legislativa dei frati dell’Ordine. Dopo un lungo viaggio, Antonio giunse ad Assisi dove conobbe personalmente il futuro Santo Patrono d’Italia. Antonio ricevette l’ordine di predicare e da lì ripartì per una nuova missione di conversione, stavolta al nord Italia, e alla fine del 1224 si spostò nella Francia meridionale.
Dopo aver trascorso 2 anni in Francia, nel 1226 saputo della morte di Francesco, Antonio rientrò in Italia. Le sue prediche cominciarono ad essere seguite da notevoli folli di persone, e non si fermarono nemmeno quando, sfiancato dai continui viaggi e dai lunghi digiuni ai quali si sottoponeva, si ammalò tanto da essere costretto a farsi portare in braccio sul pulpito. Morì il 13 giugno del 1231, all’etá di 36 anni.
Grazie alla fama guadagnata, fin dal giorno dei funerali la sua tomba divenne meta di pellegrinaggio per migliaia di devoti che notte e giorno sfilavano davanti al sarcofago chiedendo grazie e guarigioni. Furono attribuiti così tanti miracoli alla sua intercessione che il Vescovo di Padova “a furor di popolo” dovette sottoporli al giudizio di Papa Gregorio IX. Nel giugno 1232, un anno esatto dopo la sua morte, Antonio fu nominato Santo con “53 miracoli approvati” e la denominazione di Sant’Antonio di Padova. Quello stesso anno iniziarono nel capoluogo veneto i lavori di costruzione della Basilica destinata ad conservarne i resti e che oggi riceve milioni di visitatori ogni anno.
E i lisboeti, suoi concittadini? Devono tuttora accontentarsi di un frammento di osso del braccio sinistro, concesso dai francescani padovani e conservato nella cripta della più umile, ma altrettanto bella, Chiesa di Santo António de Lisboa, che sorge a pochi passi dalla Cattedrale nel luogo esatto dove, come vuole la leggenda, si trovava la casa dei suoi genitori.
In compenso al Santo è dedicata la più grande festa popolare della città, la famosa Notte di Sant’Antonio che ogni anno tra il 12 e il 13 giugno (anniversario della sua morte) riempie tutti i quartieri di marce, canti, balli e del caratteristico profumo di sardine, grigliate e consumate all’aperto da migliaia di avventori. Ma di questo, parleremo un’altra volta.
Indipendentemente dalla propria fede e dalle proprie convinzioni, non si può parlare di Portogallo senza parlare di Fatima. Fatima dista 130 km da Lisbona e viene chiamata „la città della pace“. Si tratta del santuario di culto mariano più importante in Portogallo ed uno dei più importanti al mondo.
Dal 1916 al 1917, in un periodo di tempo scosso da guerre e tumulti del primo 20° secolo e dalla Prima Guerra Mondiale, tre bambini, che si trovarono con il loro gregge di pecore nella „Cova da Iria“ assistono ad una visione che cambierà le loro vite per sempre: la Vergine Maria. Nel periodo da maggio ad ottobre, queste apparizioni di Maria si ripeterono sempre il giorno 13 di ogni mese, tranne per il mese di agosto dove la Vergine apparve a Valinhos il 19 del mese. Il mondo ricevette un grande messaggio di pace e devozione, attraverso tre bambini e la loro fede e la preghiera del rosario.
Sarà Lucia, la più grande dei tre pastorelli che anni dopo racconterà nel dettaglio quello che accadde.
Il 13 maggio 1917, mentre giocavano sorvegliando il gregge, riferirono di aver notato un lampo improvviso, come di un temporale imminente. Preoccupati per le loro pecore, mentre cercavano di metterle al riparo, notarono un secondo lampo circa a metà strada lungo la discesa, mentre una bellissima signora appariva loro sopra un piccolo leccio verdeggiante.
Il racconto prosegue: “Non abbiate paura non voglio farvi del male”, disse la signora; Lucia, sbalordita, chiese: “Da dove venite, Signora?”. “Vengo dal cielo”, rispose, chiedendo ai tre pastorelli di recarsi in quello stesso luogo il tredici di ogni mese, per sei mesi consecutivi fino a ottobre, raccomandando loro, inoltre, di pregare il rosario affinché la prima guerra mondiale potesse finire. Con queste ultime raccomandazioni scomparve. La piccola Giacinta raccontò tutto alla madre che, preoccupata, chiese aiuto alla cognata Rosa, madre di Lucia, che rimproverò aspramente la figlia pensando a una menzogna. Lucia cercò inutilmente di difendersi. Il 13 giugno la Madonna, secondo il racconto, riapparve ai pastorelli rivelando a Lucia, che piangeva per i maltrattamenti subiti dalla madre nel mese passato, che Giacinta e Francisco sarebbero presto morti, mentre lei sarebbe sopravvissuta per far conoscere al mondo ciò che aveva visto. Il 13 luglio i bambini tornarono alla Cova d’Irìa: questa volta erano lì radunate circa cinquemila persone, molte delle quali desiderose di prendersi gioco dei ragazzini; venne mostrata ai tre pastorelli la visione dell’inferno, riportata testualmente dagli scritti di suor Lucia:«La Madonna ci mostrò un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell’incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura.
Nel frattempo, il Portogallo intero aveva cominciato a parlare degli strani avvenimenti accaduti a Fatima, accusando i pastorelli di essere millantatori. La notizia giunse alle orecchie del sindaco, che decise di arrestare questa storia definitivamente: dapprima convocò Lucia, suo padre e il padre di Giacinta e Francisco, Manuel, ricoprendoli di insulti e minacciando di arrestarli, dopo di che, la mattina del 13 agosto, con la scusa di condurre i pastorelli alla Cova d’Irìa, li trascinò in prigione per costringerli a confessare. Ogni tentativo di estorcere loro una confessione risultò vano. I bambini non riuscirono quindi a recarsi il 13 agosto alla cova di Iria. La Madonna apparirà più tardi, il 19, a Valinhos. In quell’occasione la Madonna promise loro che il mese di ottobre avrebbe lasciato un segno per confermare l’autenticità delle loro affermazioni.
Il 13 ottobre la Cova d’Irìa traboccava di gente: uomini giunti da tutto il Portogallo si erano recati lì per assistere al miracolo annunciato. Vi erano anche parecchi giornalisti anti-clericali, decisi a dimostrare come le apparizioni fossero soltanto una commedia escogitata dal parroco di Fatima. Era una giornata molto piovosa e i fedeli si riparavano con gli ombrelli. A mezzogiorno un sacerdote si avvicinò a Lucia, accusandola di essere una millantatrice poiché la Madonna non era ancora apparsa; poco dopo i presenti videro una nube circondare i pastorelli e il leccio. Lucia racconta che la Madonna le aveva chiesto di far costruire in quel luogo una cappella in suo onore, dedicandola alla “Vergine del Rosario”, raccomandando inoltre di pregare molto perché la guerra era in procinto di concludersi; poi era salita al cielo, che si era aperto al suo passaggio. A quel punto si sarebbe verificato il miracolo promesso: il sole, visibile a occhio nudo, aveva cominciato a volteggiare, dopo di che era parso cadere sulla folla atterrita, fermandosi poi di colpo per risalire in cielo. Il fenomeno sarebbe stato osservato anche da numerosi spettatori increduli, tra i quali Avelino de Almeida, direttore del giornale O Seculo, che era il più diffuso e autorevole quotidiano liberale e anticlericale di Lisbona. Nel suo articolo, pubblicato il 15 ottobre 1917, de Almeida scrisse«Dalla strada, dove i carri erano tutti raggruppati e dove stavano centinaia di persone che non avevano il coraggio sufficiente per attraversare il terreno reso fangoso dalla pioggia, vedemmo l’immensa folla girarsi verso il sole che apparve al suo zenit, chiaro tra le nuvole. Sembrava un disco d’argento, ed era possibile guardarlo senza problemi. Non bruciava gli occhi, non li accecava. Come se vi fosse stata un’eclissi. Poi si udì un urlo fragoroso, e la gente più vicina cominciò a gridare – Miracolo, miracolo! Meraviglia, meraviglia! – Davanti agli occhi estasiati delle persone, il cui comportamento ci riportava ai tempi della Bibbia e le quali ora contemplavano il cielo limpido, sbalordite e a testa scoperta, il sole tremò, compì degli strani e bruschi movimenti, al di fuori di qualsiasi logica scientifica, — il sole «danzò» — secondo la tipica espressione dei contadini.»
Migliaia di persone vissero questo incredibile miracolo del sole in occasione dell’ultima apparizione di Maria il 13 ottobre 1917.
In questo luogo sacro si trova la cappella della comparizione con la statua della Maria Vergine di Fatima. La particolarità di Fatima è il segreto e la forza del messaggio. Il messaggio fu consegnato a tre bambini poveri, che si trovarono con il proprio gregge di pecore nella Cova da Iria. Era un messaggio di pace, fede e consacrazione. I pellegrini, visitando il santuario, cercano proprio questo messaggio e conforto.
Il messaggio si realizza al santuario con le processioni e le manifestazioni religiose da parte dei fedeli. Durante la fiaccolata, che si tiene ogni mese nella notte tra il 12 ed il 13 nel periodo da maggio ad ottobre, passa l’immagine della Vergine su migliaia di candele, ricordando così l’apparizione della Madonna davanti ai tre bambini, avvenuta nell’anno 1917.
Nella città di Lamego, nel distretto di Viseu, si svolge nel mese di settembre il pellegrinaggio più antico del paese.
Le feste tradizionali in onore del santo patrono della città di Lamego risalgono al XIV secolo, più precisamente all’anno 1361, quando l’allora vescovo di Lamego istituì il culto di Santo Estêvão. In cima al Monte dos Fragões, oggi Monte de Santo Estêvão, il nome che gli è stato dato proprio dalla fondazione della cappella, questo vescovo fece costruire una cappella in onore di questo santo martire. Questa collocazione permetteva all’illustre prelato di vederlo dal suo palazzo episcopale, edificio attualmente occupato dal Museo.
A quel tempo, c’erano due processioni all’anno a St. Estêvão: una a maggio, il giorno di Santa Cruz e un altro il 3 agosto, il giorno di Santo Stefano. I pellegrinaggi continuarono così fino al 1564, quando fu costruita una nuova cappella dedicata al culto della Madonna dei Rimedi, immagine che lo stesso Vescovo avrebbe fatto venire da Roma a proprie spese.
Il riferimento più antico sulle Feste in onore di Nossa Senhora dos Remédios è del 1711. Tutto ebbe inizio, appunto, con la novena, che continua ancora oggi dal 30 agosto al 7 settembre. I pellegrini con molta devozione provengono nella notte da ogni parte della città e dei dintorni e si dirigono verso la casa della Madre. Il 6 settembre si svolge la Grande Marcia Luminosa, che consiste in una sfilata di carri allegorici per le vie principali della città, illuminando la notte con la luminosità e l’animazione di questo giorno. Il giorno successivo, 7 settembre, si svolgono le Battaglie dei Fiori in cui, proprio come il giorno precedente, sfilano carri allegorici per le vie cittadine, ma con una piccola differenza: poiché si realizza durante il giorno, le luci vengono sostituite da carte di tutti i colori, che danno la sensazione che i fiori volino nell’aria. In questo stesso giorno si svolge la Grande Notte del Pellegrinaggio, dove ci sono per le strade incursioni popolari, sfide di canti, tamburi e concertine, questa notte è comunemente conosciuta dai Lamecensi come “Noitada”, (Nottata) dove vagano per le strade fino all’alba, con gli amici per far rispettare sempre la tradizione.
Ma il momento più alto di questa celebrazione è la Maestosa Processione del Trionfo, che si tiene l’8 settembre, in cui i pellegrini che si recano dalla Chiesa di Chagas fino alla Chiesa di Santa Cruz, portano in processione immagini sacre trainate dai buoi, come vuole la tradizione. In questo momento, le strade sono riccamente decorate, acquisendo una nuova dinamica, dove la componente religiosa acquista tutta la sua pienezza.
Una curiosità: La Processione del Trionfo ha un’autorizzazione speciale del Vaticano, perché è l’unica al mondo in cui è possibile vedere un’immagine della Vergine portata da animali.
Nel 13 ° secolo, nel regno di Aragona, nacque una principessa che sarebbe rimasta per sempre nella storia del Portogallo.
Isabel, che prende il nome anche da sua zia, Santa Isabel di Ungheria, sorella di sua nonna paterna, nacque molto probabilmente a Saragozza nel Regno di Aragona l’11 febbraio 1270. Era la figlia di D. Pedro il Grande e Dona Constanza di Sicilia. Da parte di padre gli scorreva nelle vene sangue ungherese, mentre da parte di madre discendeva da Manfredo di Napoli e Sicilia e da Dona Brites de Savoy, suoi nonni. La ragazza, primogenita, tra diversi fratelli, era delicata e molto bella e fin dall’infanzia, vissuta in buona parte a Barcellona, dimostrò il gusto per la preghiera, il candido potere di generare affetti e riconciliazioni, gentilezza ingenua e intelligenza promettente. Queste virtù avevano innescato in diverse Case Reali d’Europa il forte desiderio di averla come regina.
Nel 1279 salì al trono del Portogallo D. Dinis, monarca colto, poeta, trovatore, nipote di Afonso X, il Saggio. Il giovane re aveva diciannove anni e considerando molti altri motivi di stato, decide di scegliere come sua regina, Isabel, la figlia del re d’Aragona. Isabel aveva tre pretendenti, tuttavia sarà D. Dinis che l’avrà al suo fianco sul trono portoghese. Le basi del contratto nuziale furono firmate il 24 aprile 1281.
Il matrimonio si svolse, per procura, nella città di Barcellona, dopo un copioso scambio epistolare. Solo due mesi dopo gli sposi si incontrarono per la prima volta in terre portoghesi.
La regina ricevette una donazione significativa da suo marito: Óbidos, che amava moltissimo, Porto de Mós, Abrantes e altri 12 castelli.
Fu nella città di Coimbra che la regina Dona Isabel iniziò una vita piena di magnanimità e santità con la sua corte. Madre di Costanza e Afonso, futuro re Afonso IV, pia, di suprema carità e devota, la vita della regina rimase legata ad atti di compiacenza, di favore attraverso elemosine, offerte, cure, con cui si dedicava ai più poveri.
Allo stesso tempo, le sue suppliche e la sua diplomazia diffondevano armonia e pace tra regni, parenti e anche tra marito e figlio.
Il matrimonio con il re D. Dinis durò circa 44 anni e solo la morte del monarca nel 1325 separò gli sposi reali. Da vedova, D. Isabel indossò l’umile abito delle Clarisse e si stabilì a Coimbra al Paço che aveva accanto al Monastero delle Clarisse.
Sopravvisse al marito poco più di dieci anni e nel dicembre 1327 scrisse il suo secondo testamento in cui affidò il suo corpo a una tomba nella chiesa del Monastero di Santa Clara a Coimbra. Tra il Palazzo e il Convento, la regina unì i doveri della Corona con devozione e pietà, seguiti da giorni di preghiera, opere di carità, digiuni e fatiche che il tempo non placava.
Nel giugno 1336, la regina fu informata che suo figlio avrebbe combattuto contro suo nipote D. Afonso IV di Castiglia. Re Afonso IV e la sua corte erano già a Estremoz, D. Isabel, madre e nonna, 66 anni, intraprese un lungo e doloroso viaggio di molte leghe tra Coimbra ed Estremoz. Il viaggio fu faticoso ed estenuante, la Regina arrivò molto malata e morì il 4 luglio 1336.
Il giorno successivo, il re, attenendosi alle ultime volontà della madre, ordinò il trasferimento della salma a Coimbra.
La regina Dona Isabel era stimata dal popolo per le sue opere di carità, nella morte le stesse persone iniziarono a venerare le sue spoglie, adorandola e credendo nei miracoli e nella sua santità. Il re D. Manuel chiese alla Santa Sede di beatificare la regina D. Isabel, beatificazione concessa da papa Leone X nel 1516. Nel XVII secolo, la tomba fu aperta, e fu dichiarato da chi era presente, che il corpo della regina era incorrotto e con un profumo di fiori. La regina era santa. Nel maggio 1625 Papa Urbano VIII canonizzò solennemente la regina Dona Isabel, ribattezzandola Regina Santa Isabel. Quando la bara fu trasportata dal Monastero di Santa Clara Velha al Monastero di Santa Clara a Nova, dopo che le acque del Mondego avevano completamente allagato il vecchio convento, la tomba fu riaperta e, tra lo stupore di tutti, si verificò che il corpo era rimasto intatto e che l’odore era ancora il profumo dei fiori.
Il miracolo delle rose
La leggenda narra che il re, già irritato dal fatto che lei si intratteneva sempre con i mendicanti, le proibì di fare altre elemosine. Ma un giorno, vedendola sgattaiolare fuori dal palazzo, le andò dietro e le chiese cosa stesse nascondendo sotto il mantello.
Era il pane. Ma lei, angosciata per aver disobbedito al re, esclamò:
– Sono rose, signore!
“Rose, a gennaio?” Dubitò il re.
Con gli occhi bassi, la regina Santa Isabella aprì il mantello ma il pane si era trasformato in rose, belle come non si erano mai viste.
Il pellegrinaggio di Nossa Senhora da Agonia, che si svolge a Viana do Castelo, nel Minho, è una delle feste più conosciute del paese: è grandiosa nella programmazione, nel numero di visitatori, nella forza della tradizione del costume vianense, nel peso l’oro che le mordomas mostrano sul petto.
La storia della festa si unisce alla storia della Chiesa dell’Agonia. Nel 1674, in onore del santo patrono dei pescatori, fu costruita una cappella per invocare il Buon Gesú del Santo Sepolcro del Calvário e, poco sopra, una cappella dedicata alla Immacolata Concezione.
Oggi il nome è associato alla regina dei pellegrinaggi, nata nel 1772 dalla devozione degli uomini di mare della Galizia e dell’intera costa portoghese. Successivamente, nel 1783, la Sacra Congregazione dei Riti permise di celebrare una Messa solenne in questa cappella (ora conosciuta come Cappella di Nostra Signora dell’Agonia) il 20 agosto di ogni anno.
Nel 1861 la Solenne Festa fu sostituita dal Pellegrinaggio dell’Agonia, e quest’ultimo assume maggiore importanza e divenne così grandioso da finire per rovesciare la festa religiosa. Diventò una festa piena di canti con il suono delle viole, danze, una festa stravagante.
Nel 1862, il pellegrinaggio assunse una tale popolarità che si stimava che i soli fuochi d’artificio fossero già contemplati da più di cinquantamila persone. Nove anni dopo, al programma si aggiunse anche la corrida (che dal 2009 non fa più parte della festa).
Nel 1906, in questo pellegrinaggio nacque la Festa del Costume e, due anni dopo, nel 1908, si svolse la prima Parata Agricola (oggi è il famoso corteo etnografico).
Da quel momento in poi il pellegrinaggio non si limitò più al Campo da Agonia e invase l’intera città di Viana do Castelo. Durante i giorni di pellegrinaggio il programma è completo. Ogni anno c’è una Fiera dell’Artigianato, uno spettacolo musicale con artisti noti, ci sono fuochi d’artificio tutti i giorni alle 24:00 sempre in luoghi diversi della città, incontri delle Bande Filarmoniche, una Parata di Mordomas che si svolge in uno dei giorni del pellegrinaggio alle ore 10, il Corteo Etnografico che si svolge solitamente il sabato pomeriggio e la festa delle Concertine e della Sfida dei canti. Il 20 c’è sempre una solenne celebrazione eucaristica seguita da una processione a mare, e il giorno prima c’è la realizzazione di “Tappeti fioriti” per le strade della Ribeira.
Mordomas: in Alto-Minho, sono le donne incaricate di raccogliere fondi per il pellegrinaggio al santo patrono della loro terra. I costumi erano solitamente neri o blu scuro. Questo costume sarebbe poi servito come l’abito da sposa (con il soprabito e il velo) e sarebbe stato ancora usato per la sepoltura. La sciarpa sul capo in seta, gilet, grembiule (con stemma reale), pantofole nere e gonna in vita.
I costumi hanno diverse caratteristiche e significati:
Abito da “promessa” (già fidanzata): nero. Scambia la sciarpa da mordoma (colorata e in seta), con una pregiata sciarpa in cambrico (tessuto leggero di cotone o lino), ricamata davanti. Ma c’é anche (e più usuale) il velo di pizzo o tulle ricamato. La candela votiva, o palma pasquale, viene ora scambiata con il bouquet da sposa.
Abito contadino: colorato e dovuto ai toni delle diverse regioni dell’Alto Minho. Gli azzurri sono associati alle terre che si affacciano sul mare, i verdi alle montagne e alle terre verdi, l’abito rosso è di Viana o “nello stile del Minho” per eccellenza. È un vestito da festa. I fazzoletti sono due: uno disegnato sul petto e stretto dietro, all’altezza della cintura; un altro sopra la nuca e legato alla sommità della testa.
Costume da mezza signora/morgata: la contadina che, sebbene sia già sposata (quindi la sua posizione sociale ed economica è già evoluta), non ha ancora ottenuto il riconoscimento sociale, quindi é una ‘mezza signora’. Usa il soprabito della “promessa”, la gonna con stampa floreale, adornata con balze, ma può anche essere una gonna nera da fattoria con una perlina e un gallone ricamati, finendo con le pantofole nere. Sulle sue spalle c’è una sciarpa di seta naturale stampata (di solito indossata sulla sua testa finché é mordoma), e uno scialle.