Quando sono arrivata a Lisbona, uno dei primi posti che ho visitato, è stato un negozio storico proprio nella piazza di Rossio. Si tratta del Madeira Shop.
Ricordo che quello che più mi aveva colpito entrando in questo negozio, era stata un’anziana coppia che mi aveva accolto con estrema gentilezza. Si trattava dei proprietari di questo luogo che, da generazioni, è nella mani della famiglia Abreu.
E cosi per raccontarvi la nostra prossima storia abbiamo deciso di recarci proprio li.
Su un lato della piazza di Rossio, alla destra di Pedro IV, che dalla cima di una colonna domina la piazza, tra negozi moderni e marche internazionali, si erge il Madeira shop, aperto nel 1959.
E ad accoglierci questa volta è Ana, figlia di quella coppia che mi aveva accolto anni fa durante la mia prima visita.
Ana comincia a parlarci di come è nato questo luogo, ma soprattutto della sua famiglia perché, scopriremo presto, le due storie sono strettamente collegate.
Ana inizia a raccontare e scopriamo che tutto comincia con suo nonno, Antonio Abreu, originario dell’isola di Madeira che si trasferisce nel “continente” con cinque dei suoi sette figli (due nasceranno a Estoril). Ana ci racconta di non aver mai conosciuto suo nonno, perché nata quando i suoi genitori avevano già 41 e 39 anni, e il nonno all’epoca era già scomparso. Ma la memoria di quei tempi e di come tutto è cominciato, Ana l’ha ricevuta in eredità dai suoi genitori ed oggi ci aiuta a ricostruire la loro storia.
Quando la sua famiglia si trasferisce nel “continente”, arriva a Estoril. Probabilmente per rimanere vicino al mare. In fondo si sa, quando si cresce su un’isola, e circondati dal mare, è impossibile restarne troppo lontani.
Il grande cambiamento arriva nel 1916 con un personaggio cui si deve un importante cambiamento nel turismo portoghese: Fausto Figuereido, che, oltre a lanciare la costruzione del casino di Estoril, diede origine anche alla linea ferroviaria che, col tempo, collegherà Estoril a Lisbona. La conseguenza di questo importante cambiamento sarà un importante incremento turistico che porterà nuovi clienti internazionali al negozio aperto proprio in questa zona costiera.
La famiglia Abreu comincia ad aprire più negozi, a Estoril, Lisbona, a Sintra e finalmente ancora due a Lisbona, l’ultima delle quali sarà il Madeira Shop.
È proprio quest’ultimo che sarà gestito dai genitori di Ana. Un’attività commerciale ma soprattutto un’eredità di famiglia. A cominciare con il nonno, poi il padre di Ana e adesso con lei e suo marito João.
Ana ci racconta che la loro attività ha dovuto attraversare varie crisi, a cominciare da quella a seguire alla rivoluzione dei garofani del 1974 che pose fine alla dittatura, passando per la crisi della borsa negli Stati Uniti, la crisi economica del 2008 e, per finire, la pandemia dell’ultimo periodo. Tante le prove e i momenti di crisi da superare, ma ogni volta sono riusciti ad andare avanti, soprattutto per orgoglio, per non perdere questa tradizione così importante per la loro famiglia.
Ana ci dice chiaramente che la ragione principale per cui continuano con la tradizione del loro negozio non è il guadagno economico, ma soprattutto la volontà di non interrompere una tradizione di famiglia che dura da tanti anni.
Diversi i prodotti che possiamo trovare in negozio e da diverse regioni di Portogallo, ma soprattutto un prodotto d’eccellenza che è quello che dà anche il nome al negozio: i ricami di Madeira.
L’origine dei ricami (Bordado) di Madeira risale all’antichità e al bisogno di decorare gli spazi. L’arte del ricamo è stata per molto tempo un’attività cui si destinavano le donne delle classi più benestanti oltre alle religiose e il grande impulso arrivò negli anni 50 dell’800.
Addirittura questa tradizione artigiana partecipò alla Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations a Londra nel 1851, riscuotendo un enorme successo.
Si tratta di un ricamo su lino, che, per la sua delicatezza e tradizione, fu sempre un prodotto di lusso che si incontrava nelle case aristocratiche. E oggi è considerato il migliore ricamo del mondo.
La famiglia di Ana si dedicò sempre ai “bordados da Madeira”, prima nella vendita con grande successo, poi addirittura nella produzione a Madeira. Oggi non più visto che seguire la produzione a distanza stava diventando complicato.
Si tratta ancora oggi di prodotti costosi e di oggetti di grande pregio, che hanno come acquirenti soprattutto i turisti, che hanno sempre fatto parte dei loro clienti abituali, sin dai tempi del primo negozio di Estoril. Ma Ana dice che anche molte famiglie portoghesi comprano biancheria ricamata per arricchire il corredo di famiglia o, per esempio, una tovaglia da usare per le occasioni speciali. Si tratta di oggetti che vengono poi tramandati di madre in figlia e che spesso restano in famiglia per varie generazioni, finendo per diventare custodi di memorie e ricordi, momenti speciali da ricordare, feste in famiglia da non dimenticare.
E in un’epoca in cui si parla tanto di sostenibilità, prodotti artigianali di tale qualità ne sono sicuramene un importante sostegno.
E la memoria tramandata attraverso gli oggetti acquistati fa si che Ana e la sua famiglia finiscano in qualche modo per far parte anch’essi di questa memoria.
Ana ci mostra un quaderno dove clienti abituali, stranieri e portoghesi, clienti che sono tornati più volte in negozio, lasciano un ricordo, una storia, un ringraziamento per qualcosa che, acquistato nel Madeira Shop, è poi entrato a far parte della storia di famiglia. Ana ci racconta di aver ricevuto chiamate e messaggi in questo periodo di pandemia di clienti preoccupati per lei e per i suoi genitori, sincere manifestazioni di affetto.
Ana ha cominciato a lavorare con la sua famiglia nel 2003, ma è dal 2008 che si dedica al negozio di famiglia più attivamente e a con l’aiuto attivo di suo marito João.
I genitori di Ana, Joaquim e Maria Antonia, oggi hanno 86 e 84 anni, ma non è stata l’età a tenerli lontani dal lavoro, ma si la pandemia. Ma Ana ci dice che di tanto in tanto non resistono e tornano in negozio, e quando non possono, pretendono a fine giornata da Ana un resoconto completo di tutto quello che è successo durante la giornata di lavoro.
Fino al 2019, in negozio non mancava mai la loro presenza, mentre Ana e João gli davano sostegno in negozio e, allo stesso tempo, si occupavano di viaggiare per il paese alla ricerca di oggetti d’artigianato unici.
Un’occhiata al negozio ci fa capire subito che non si tratta di un negozio comune e neppure di oggetti usuali. Ana conosce la storia di ogni oggetto, ascoltarla è come un viaggio nella storia delle tradizioni portoghesi, sa indicarci ogni diversa scuola o artista dietro ogni singolo oggetto. Perché li ha scelti uno per uno, ha incontrato gli artigiani, li ha visti lavorare.
E gli oggetti più fragili, Ana e João li hanno trasportati personalmente.
Perché questo lavoro è anche un modo per custodire e tramandare la tradizione di famiglia e l’amore che i suoi genitori hanno sempre avuto per questo lavoro.
Ana ci guida tra gli oggetti di ceramica di Coimbra ispirati in opere del XV e del XVIII secolo, il classico Gallo di Barcelos in terracotta dipinto a mano, simbolo di fede e giustizia e fortuna, e oggi anche uno dei simboli del paese, i “Figurados” rappresentati da artisti più moderni e raffinati e altri più anziani che ancora tramandano un’arte antica di rappresentazioni sacre e di vita quotidiana del campo. Immancabile la tradizione romantica dei fazzoletti degli innamorati, che anticamente le donne ricamavano a mano per l’uomo amato e che l’uomo doveva usare la domenica a Messa per mostrare di ricambiare i sentimenti della donna in questione.
E non mancano i tradizionali azulejos, i mobili dipinti dell’Alentejo, e tanti altri oggetti, opere di artigianato straordinari.
Ai ricami di Madeira si uniscono quelli di Viana do Castelo, ugualmente belli ma meno costosi, per permettere di raggiungere anche altri clienti.
E non mancano neppure gli abiti tradizionali di Madeira e di Viana, che sono spesso acquistati da turisti ma anche da emigranti portoghesi per portare con sé un pezzetto del loro paese. Per i bambini sono anche acquistati come abiti per il carnevale, mentre famiglie del nord ancora li usano nelle feste tradizionali, come quella dedicata a Nostra Signora dei dolori (20 agosto n.d.r.) o per alcuni eventi speciali.
Insomma, un luogo dove su ogni mensola, c’è un mondo nuovo da scoprire.
Il negozio di Ana, riconosciuto dalla città di Lisbona come una “loja com historia”, negozio storico, in realtà però è poco protetto dalla città stessa.
I tempi cambiano, la città di Lisbona evolve, si modernizza, e con gli anni le marche internazionali hanno sempre più sostituito gli antichi piccoli negozi locali.
Ma in fondo sono proprio questi negozi che contribuiscono a fare di Lisbona una città speciale e diversa dalle altre.
Insieme all’incremento turistico che, ci dice Ana, è ovviamente benvenuto, sarebbe auspicabile riuscire a proteggere in qualche modo questi negozi antichi della città per fare in modo che non spariscano.
In fondo non si tratta più di un luogo solamente commerciale, ma uno spazio che giorno per giorno cerca di custodire la memoria di un passato che a volte si fa fatica a riconoscere, la memoria di un luogo e, in questo caso, di una famiglia davvero speciale.
Oggi è la giornata dedicata all’Arte e ho deciso di scrivere un articolo su una delle opere d’arte portoghesi che amo di più.
È l’opera più famosa dell’oreficeria portoghese, per il suo valore artistico e significato storico: la custodia di Belém, esposta al MNAA (Museo Nazionale di Arte Antica) di Lisbona.
Ordinata dal re D. Manuel I per il Monastero di Santa Maria de Belém (meglio conosciuto come Monastero dei Girolamini), la Custodia di Belém è attribuibile all’orafo e drammaturgo Gil Vicente.
Fu realizzato con l’oro del tributo del Régulo de Quilôa (nell’attuale Tanzania), in segno di vassallaggio alla corona del Portogallo, portato da Vasco da Gama al ritorno del suo secondo viaggio in India, nel 1503, è un buon esempio del gusto per i pezzi concepiti come micro-architettura nel gotico finale.
Destinata a custodire ed esporre alla venerazione dei fedeli l’ostia consacrata, presenta, al centro, i dodici apostoli inginocchiati, sospesa sopra una colomba oscillante, in oro bianco smaltato, simbolo dello Spirito Santo, e, nella parte superiore piano, la figura di Dio Padre, che sostiene il globo dell’Universo, materializzando così, in senso ascendente, la rappresentazione della Santissima Trinità.
Le sfere armillari, simbolo del re Manuele I, che definiscono il nodo, quasi a unire due mondi (il terreno, che si estende alla base, e il soprannaturale, che sorge nella struttura superiore), appaiono come la massima consacrazione della regalità potere in questo momento storico di espansione oceanica, confermando lo spirito della compagnia del Re che era per sempre legato all’era dell’espansione marittima portoghese.
Un lavoro che lascia davvero senza parole per la qualità artistica, i materiali e la perfezione della sua realizzazione nei minimi dettagli.
Il MNAA conserva questa e molte opere rappresentative dell’arte portoghese e internazionale; un luogo che gli amanti dell’arte non possono perdere. Ancora meglio se accompagnato da una storica dell’arte innamorata di questo Museo 😉
Allora, cosa ti aspetti a prenotare una visita con me?
Oggi parliamo di uno dei santi più contesi della storia, un santo che per noi italiani é senza dubbio Santo Antonio di Padova. Ma attenti ad affermarlo qui a Lisbona! Qui é santo Antonio di Lisbona. Durante i miei tour, invito i miei turisti a fare un piccolo esperimento: cercare Santo Antonio su wikipedia. Provate e vedrete che, se in tutte le lingue é Santo Antonio di Padova, in portoghese é Santo Antonio di Lisbona. Ma allora, qual é la verità?
È uno dei Santi più amati della cristianità, eppure Sant’Antonio di Padova, come oggi è conosciuto, porta da sempre con sé questa curiosa polemica legata al suo nome.
A onor del vero, va detto che Antonio visse a Padova per appena 3 anni, gli ultimi della sua avventurosa vita. Fernando Martins de Bulhões – questo il suo vero nome – nacque in una facoltosa famiglia nel 1195 a Lisbona; ai tempi la città era tornata cristiana da circa 40 anni, dopo che Alfonso Henriques la sottrasse ai mori diventando così il primo re del Portogallo. Il padre Martinho, cavaliere del re, viveva con la sua famiglia in una casa vicino alla Cattedrale di Lisbona, dove Fernando fu battezzato.
Nel 1210, appena quindicenne, entrò nell’Ordine degli Agostiniani presso l’Abbazia di San Vincenzo di Lisbona. Dopo circa 2 anni venne trasferito presso il Convento di Santa Croce a Coimbra, vi rimase per circa 8 anni, durante i quali studiò assiduamente teologia. Nel 1219 arrivarono al convento i corpi decapitati di 5 frati inviati da Francesco d’Assisi in Marocco col compito di convertire i musulmani. Fernando rimase talmente sconvolto dall’accaduto da decidere di lasciare gli Agostiniani per entrare nell’Ordine francescano. Scelse quindi di cambiare il suo nome di battesimo in Antonio, e di partire come missionario egli stesso.
Antonio si imbarcò alla volta del Marocco nell’autunno del 1220. Tuttavia, giunto in Africa, contrasse una febbre tropicale che lo costrinse a tornare in Europa. Ma nel viaggio di ritorno in direzione della Penisola Iberica, la nave s’imbatté in una feroce tempesta che ne deviò la rotta in direzione del Mediterraneo.
L’imbarcazione naufragò in Sicilia. Qui, Antonio trovò rifugio nel convento francescano di Messina, dove venne a conoscenza del fatto che a maggio di quell’anno (1221) Francesco aveva convocato l’assemblea elettiva e legislativa dei frati dell’Ordine. Dopo un lungo viaggio, Antonio giunse ad Assisi dove conobbe personalmente il futuro Santo Patrono d’Italia. Antonio ricevette l’ordine di predicare e da lì ripartì per una nuova missione di conversione, stavolta al nord Italia, e alla fine del 1224 si spostò nella Francia meridionale.
Dopo aver trascorso 2 anni in Francia, nel 1226 saputo della morte di Francesco, Antonio rientrò in Italia. Le sue prediche cominciarono ad essere seguite da notevoli folli di persone, e non si fermarono nemmeno quando, sfiancato dai continui viaggi e dai lunghi digiuni ai quali si sottoponeva, si ammalò tanto da essere costretto a farsi portare in braccio sul pulpito. Morì il 13 giugno del 1231, all’etá di 36 anni.
Grazie alla fama guadagnata, fin dal giorno dei funerali la sua tomba divenne meta di pellegrinaggio per migliaia di devoti che notte e giorno sfilavano davanti al sarcofago chiedendo grazie e guarigioni. Furono attribuiti così tanti miracoli alla sua intercessione che il Vescovo di Padova “a furor di popolo” dovette sottoporli al giudizio di Papa Gregorio IX. Nel giugno 1232, un anno esatto dopo la sua morte, Antonio fu nominato Santo con “53 miracoli approvati” e la denominazione di Sant’Antonio di Padova. Quello stesso anno iniziarono nel capoluogo veneto i lavori di costruzione della Basilica destinata ad conservarne i resti e che oggi riceve milioni di visitatori ogni anno.
E i lisboeti, suoi concittadini? Devono tuttora accontentarsi di un frammento di osso del braccio sinistro, concesso dai francescani padovani e conservato nella cripta della più umile, ma altrettanto bella, Chiesa di Santo António de Lisboa, che sorge a pochi passi dalla Cattedrale nel luogo esatto dove, come vuole la leggenda, si trovava la casa dei suoi genitori.
In compenso al Santo è dedicata la più grande festa popolare della città, la famosa Notte di Sant’Antonio che ogni anno tra il 12 e il 13 giugno (anniversario della sua morte) riempie tutti i quartieri di marce, canti, balli e del caratteristico profumo di sardine, grigliate e consumate all’aperto da migliaia di avventori. Ma di questo, parleremo un’altra volta.