Chiamatemi Glow

By : Dicembre 12th, 2021 #umdiadecadavez 0 Comments

Per raccontarvi la prossima storia, non basterebbero pagine e pagine, tante sono le cose, le esperienze, le sfaccettature della persona che sto per presentarvi. E anche con tante parole, probabilmente non riuscirei a trasmettere completamente l’energia straordinaria che emana. 

Si tratta di Glow.

Appena ci sediamo a parlare, appassionata di orecchini come sono, non posso non notare quelli che indossa, assolutamente originali.  E Glow mi spiega che li ha realizzati lei con una stampante 3D e con una speciale resina biodegradabile di mais e canna da zucchero. Mi ha già conquistato.

Mi dice che, quando comincerò a conoscere la sua storia, capirò anche come sia arrivata all’idea e a questa forma d’arte. 

“L’infanzia”

Glow nasce in Brasile, a San Paolo. Il ricordo più bello della sua infanzia é la fattoria di sua nonna, vicino ad un fiume, immersa nella natura, senza nessun contatto con il mondo moderno. Un ricordo che probabilmente ha molto influenzato la sua attuale sensibilità verso l’ambiente. 

All’età di 6 anni e fino agli 8 più o meno si ritrova a vivere da sola con la madre, poiché il padre lascia il Brasile per andare a lavorare in Portogallo e in altri paesi.

I suoi genitori avevano aperto delle attività commerciali, dei negozi in cui si vendono riviste, libri ma anche piccoli generi alimentari.  Purtroppo i loro vari tentativi commerciali si erano sempre conclusi col fallimento. 

Ma é proprio attraverso i libri e le illustrazioni dei fumetti che Glow ha il suo primo contatto con l’arte che la colpisce fin da subito.
La sua infanzia sarà in Brasile, ma intorno agli undici anni raggiunge suo padre, che nel frattempo ha un’altra famiglia, in Portogallo e va ad abitare con lui, la sua nuova moglie e la loro figlia in Ribatejo. 

Non sarà una convivenza facile. 

Glow mi dice una cosa che mi colpisce molto e nel corso della nostra intervista lo ripete spesso. Quello che più mi colpisce, in realtà, é che lo dica con un sorriso e con serenità. 

Mi dice che i suoi genitori sono persone “emotivamente indipendenti” mentre lei era una persona “emotivamente dipendente”.  Aveva sempre cercato l’approvazione dei suoi, la classica “pacca sulla spalla”davanti alle sue scelte, un “brava” detto al momento giusto, ma questo é spesso mancato. 

“Scoprirsi”

Nel frattempo per Glow comincia anche un periodo di scoperta di se stessa. Comincia ad interrogarsi su di sé, la sua identità di genere. E comincia anche ad esprimere questo momento di scoperta attraverso un nuovo modo di essere e di presentarsi. Ma deve fare i conti con un ambiente molto conservatore, ancora di più in un piccolo villaggio, dove suo padre stesso, in quanto straniero, era stato oggetto di discriminazione. 

La reazione di Glow sarà quella di smettere di esprimersi come vorrebbe, per cercare cosi di proteggersi.

Intorno ai suoi 15/16 anni una nuova sfida: decide di frequentare la facoltà di Marketing digitale e pubblicità. Comincia a conoscere l’ambiente del Marketing, dell’audiovisivo ed inizia a sperimentare nuove forme di espressione attraverso immagini e suoni che diventano per Glow una nuova valvola di sfogo ed una nuova maniera di raccontarsi.

In quel periodo comincia anche a scrivere poesie. Comincia a frequentare anche il circolo dei poeti di Santarem ed una delle sue poesie sarà anche scelta per essere inserita in un libro.

É un modo per Glow di esprimere i suoi sentimenti, quei sentimenti che impara troppo presto a nascondere. Si definisce una bambina sola. Ma non lo dice con amarezza o con rabbia verso i suoi genitori. Anzi. Spiega proprio che all’inizio c’era rabbia ma che oggi c’é comprensione per quello che é stato, che ha capito che ognuno di noi é fatto a modo suo e che i suoi genitori sono indipendenti e non riuscivano a dare a Glow l’approvazione di cui aveva sempre bisogno. Poi ad un certo punto ha smesso, ed ha capito che l’appoggio di cui aveva bisogno doveva cercarlo dentro di sé. 

“L’indipendenza”

Un grande cambiamento arriva quando Glow ha sedici anni. In auto verso casa insieme a suo padre e la moglie, inizia una conversazione con i due che sfocia in discussione. A quel punto Glow chiede di fermare l’auto e scende, nel mezzo della strada. Vivevano a 40 km da Santarem e la strada verso casa era ancora abbastanza lunga. Suo padre pensa che la ritroverà a casa ma Glow a casa non ci tornerà più. Si rifugerà da un’amica dove abiterà per un po’.

È in questo periodo che Glow comincia ad “interrogarsi sul suo Modus Operandi”, soprattutto si interroga su come voleva davvero essere vista dagli altri, qual era l’immagine di sé che voleva veramente dare. 

Alla fine della scuola superiore un altro cambiamento, stavolta dettato dal cuore. Innamorata di un ragazzo, lo segue a Peniche dove lavora in un’officina. “Non lo farei mai più”, mi dice. E non parla del lavorare in un’officina, perché il lavoro non la spaventa, ma di cambiare città per seguire qualcuno, perché le scelte vanno fatte per se stessi e non in funzione degli altri.

A quel punto Glow capisce di avere bisogno di un ambiente diverso, una città più grande in cui sentirsi libera di esprimersi. Ed é li che arriva a Lisbona, circa sette anni fa. Ed é qui a Lisbona che comincia con una serie di esperienze, alcune abbastanza decisive per le sue scelte future. 

“Esprimersi”

All’inizio é il lavoro del bar di una discoteca dove ci sono spettacoli di Drag Queens. Una scoperta. Glow comincia ad essere affascinata da questo mondo e decide che potrebbe essere il modo di cui ha bisogno per esprimersi. Decide di cominciare a fare delle piccole performances per strada. Un vero cambiamento per Glow che all’epoca ancora usava abiti maschili. Ma per queste performances, indossa i panni di una drag queen, un vestito di scena, una parrucca. E ogni giorno percorre vestita cosi la strada tra casa e la zona in cui si esibisce.

E quel percorso Glow se lo ricorda bene, ma soprattutto, mi dice, si ricorda l’umiliazione che sentiva mentre lo percorreva, ogni giorno. 

Questa fase della sua vita Glow la vede come un momento di riflessione. Il lavoro era estremamente stancante, dalle 22h alle 7/8h del mattino per guadagnare 25€, a notte e non a ora. Ma Glow mi dice che le ha offerto una nuova visione della vita. E le ha anche permesso di avere un primo contatto con la comunità LGBT (acronimo per Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender, n.d.r.).

Poi sarà la volta di un lavoro in un locale gay per pubblico rigorosamente maschile, dove ogni sera c’era un “tema speciale” da seguire. Glow ci tiene a spiegarmi come funziona perché la prima impressione può essere negativa. E mi confessa che lei stessa aveva molti pregiudizi in proposito. Ancora una volta lavora nel bar. Ma ogni sera assiste alla routine di questo locale che all’inizio un po’ la colpisce, ma poi la fa riflettere. Guardando il pubblico che li arriva, capisce quante persone ci siano che necessitano di un posto “segreto” per potersi esprimere liberamente, senza essere giudicate.

Glow comincia ad interrogarsi sulla sua personalità, comincia a porsi molte domande, impara ad avere orgoglio del suo corpo e si rende conto di non sapere più quanto della Drag Queen é davvero Glow e quanto é solo un personaggio. Cosi Glow abbandona i panni della Drag per fare chiarezza.

E parte per la Spagna, dove lavora nella reception di un hotel aperto in un antico convento. 

Nel frattempo comincia anche a registrare dei postdcasts su temi del quotidiano che sono spesso tabu. 

E soprattutto in questo periodo rincontra suo padre.

Per Glow é una svolta importante. Mi spiega che per tutti questi anni per lei era come se non riuscisse ad andare avanti, proprio perché questa parte della sua vita e la relazione con suo padre erano rimaste sospese. Rivederlo, parlarci, per Glow é stato un modo di chiudere un ciclo. Non é più arrabbiata, li ha accettati. I suoi semplicemente non riescono a dimostrale il loro affetto come lei vorrebbe. Glow ricorda per esempio quando, scelta dal ciclo di poeti di Santarem, suo padre non entrò in sala per supportarla, ma sapeva che era felice per lei. La madre la sente al telefono, ogni tanto, ma non la vede da tredici anni. Loro vogliono che lei stia bene, e lei lo sa. E va bene cosi. 

“L’arte”


Glow é nel pieno della sua espressione artistica: registra video in Instagram, comincia ad assumere uno stile femminile. Con l’arrivo della pandemia Glow comincia a sentirsi più isolata. Fino a scoprire uno spazio a Lisbona di incontri Voguing. (Nella New York degli anni ’20, la comunità LGBT ha trovato rifugio nelle chiamate Ballrooms (sale da ballo). Ben oltre una semplice festa, era ed è tuttora uno spazio accogliente, un luogo sicuro dove queste persone che vivevano quotidianamente ai margini della società potevano, almeno per una notte, sentirsi bene con se stesse. Il voguing ha le sue origini nelle ballrooms di New York degli anni ’20, essendo stato creato dalle comunità queer nere e latine di Harlem. É uno stile di danza ispirato alle pose che le modelle usavano nelle pagine di Vogue, e influenzato anche dagli antichi geroglifici egizi e dai movimenti ginnici, n.d.r) E in questi ambienti in Lisbona, Glow comincia a scoprire anche la danza, una nuova espressione 

Ed é ecco la Glow che vediamo ora, una grande donna frutto di tutte queste esperienze vissute.

Oggi é molto dedicata anche a questioni ambientali ed é da questa nuova vertente che nasce la Glow Oficina in cui si dedica alla creazione di arte sostenibile. 

Per Glow l’arte deve essere “senza rifiuti”, un’arte completamente sostenibile. Dice che per diminuire l’impatto sul pianeta dobbiamo essere noi i primi a cambiare. E Glow cerca di farlo attraverso le sue creazioni, usando abiti donati o di seconda mano, attraverso nuove abitudini alimentari. Ma l’arte di Glow ha molte sfaccettature.

Nella sua ultima casa ad Alfama, Glow comincia con locandine su vari temi appese al suo balcone. La sua idea é quella di fare della sua casa una galleria d’arte vivente. E mi mostra il lavoro ispirato all’opera di Linn da Quebrada (artista brasiliana n.d.r) e della sua prima performance dedicata al mito di Lillith (la prima donna, prima di Eva, nata come donna pari di Adamo e non creata dalla sua costola, n.d.r.). Attraverso un’esposizione itinerante nelle stanze della sua casa, tra dipinti, video e immagini e suoni, Glow racconta questa storia.

Ma manca ancora un tassello. Glow compra una stampante in 3D e comincia a realizzare oggetti con materiali riciclabili. E riprende a scrivere poesie. Oggi, mi dice, ha capito che nessuna delle sue forme di espressione, per poter restare libere, può essere fonte di rendimento.

E adesso? 

“Il futuro”


Ha venduto tutto, ha comprato una telecamera con cui filmare la sua vita e mandato una candidatura per fare volontariato in Italia. In questo momento in cui leggete la sua storia, Glow é a Catania, dove si dedica al sostegno sociale di chi ha più bisogno.

Ha tanti progetti, ma ci penserà giorno per giorno, magari una performance che racchiuda tutte le sue arti.


Prima di lasciarci mi dice che aspettare che gli altri cambino non serve, siamo noi a cambiare ed é questo cambiamento che conta. Solo cosi abbiamo impatto nella società, molto di più che costruendoci un personaggio sulle reti sociali.

Oggi Glow cerca di vivere in modo più leggero, senza pretendere troppo, senza chiedere troppo a se stessa, restando propositiva e continuando a raccontare la sua verità.

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