La nostra prossima storia ci porta in un mondo davvero speciale, quello in miniatura del negozio di Carlos.
Originario di Viana do Castelo, nella bellissima regione del Minho, Carlos Guimaraes apre le porte del suo negozio, nella zona di Casais de Mem Martins, nella periferia di Sintra.
Gli amanti del modellismo, ma non solo, resteranno di sicuro a bocca aperta nel vedere il mondo che si nasconde in questo negozio.
La passione per il modellismo Carlos se la porta dentro da sempre, un mondo capace di far sognare grandi e piccini.
Il padre di Carlos aveva un negozio di giocattoli, ed importava da diversi paesi. All’epoca Carlos, sedicenne e già grande appassionato di modellismo e nuove tecnologie, comincia a cercare di convincerlo a introdurre nel suo negozio alcuni oggetti di modellismo.
Il loro primo negozio sarà a Lisbona, nella piazza di Rossio, dove i giocattoli per bambini del padre si uniscono ai modellini del figlio.
La passione per questo mondo accompagnerà sempre Carlos, che anche continuando a lavorare in altri campi, rende questo mondo “in miniatura” una sua oasi.
“Qui mi diverto, non lavoro” mi dice. E questo lo si percepisce subito, soprattutto quando, con l’aria impaziente di un bambino, ci conduce tra le sale del suo negozio alla scoperta di questo mondo che lo affascina tanto.
Una vera vita guidata tra modellini di ogni tipo, dai più semplici ai più sofisticati, da quelli alla portata di tutti a quelli per veri amatori disposti ad investire una vera fortuna.
Le prime sale che ci mostra sono quelle delle automobili e motociclette, con tanto di telecomando a distanza. Appena entriamo, Carlos ci mostra orgoglioso la scatola di un modellino da collezione di cui ne ha ricevuto tre esemplari. “É un’edizione limitata” ci spiega. E solo alcuni negozi di modellismo nel mondo ne hanno ricevuto alcuni esemplari.
Passiamo tra scaffali di ogni tipo di pezzo di ricambio, perfettamente identici a quelli veri solo decisamente più piccoli. E se ci sono i pezzi di ricambio, le batterie e gli attrezzi, ci sarà anche l’officina… Ed eccola li, la zona addetta alle riparazioni, con anche uno spazio coperto da un telo bianco, una lampada e la riproduzione di un mini set fotografico, dove Carlos fotografa i nuovi modelli acquisiti.
Ci sono auto di ogni epoca e modello, telecomandate, con sospensioni, che raggiungono velocità davvero notevoli. Carlos ci spiega che esistono delle competizioni e che alcuni appassionati riescono a creare un vero e proprio garage di immenso valore collezionando più modelli.
Ma lasciando questa sala per quella successiva, ci colpisce un aereo, perfetto in ogni dettaglio e Carlos ci spiega che si tratta di aerei che possono perfettamente volare e che partecipano all’evento di Aeromania.
Carlos ci spiega che a Sintra, vicino all’aeronautica, c’é una base aerea dove si possono far volare questi aerei in miniatura a partire dei 17 anni.
Carlos dice che la vicinanza della base aerea alla zona dell’aeronautica, non é casuale perché molti ragazzi, appassionati al volo, passano poi dall’esperienza del volo del loro aereo, a quella di un aereo vero. Carlos di ragazzi in quella base ne ha accompagnati tanti, insegnando loro come far volare queste “miniature perfette”. E a questo proposito ci racconta una storia davvero incredibile.
Durante un viaggio, quando era pronto per imbarcarsi per Dubai, un giovane uomo gli si era avvicinato salutandolo e chiamandolo per nome. Carlos si era stupito, non riconoscendolo. Allora questi si era presentato come “Franceschino”. Carlos a quel punto aveva detto di capire ancora meno visto che quello era un nome da bambino e quell’uomo gli aveva detto che si, era un nome da bambino, perché era cosi che Carlos lo chiamava quando Francesco, all’epoca ragazzino, aveva imparato a pilotare un aereo “in miniatura” insieme a lui, facendo cosi nascere in sé la passione che poi, da adulto, aveva continuato a coltivare.
Il nostro viaggio continua tra piccole vere opere d’arte come quelle custodite in una vetrina e che sono state presentate all’hobby kit del turismo di Lisbona che si tiene annualmente nel mese di ottobre.
Nella sala successiva ci sono barche, moderne ma anche veri e propri galeoni e Carlos ce ne mostra uno con cannoni in bronzo e vere tavole di legno, nello stesso numero della nave che riproduce. Si tratta di una nave dell’epoca dell’espansione marittima portoghese. 370 pezzi, 6 mesi di lavoro per costruirlo e un costo di 1800€. Queste opere, ci spiega Carlos, passano di generazione in generazione. Addirittura le vele sono state trattate con acqua e sale per ricreare un effetto di cristalli che brillano come stelle cosi come si faceva con le navi dell’epoca, ci racconta Carlos, per spingere l’equipaggio a continuare a viaggiare.
Naturalmente c’é anche spazio per il Diecast, quello che usualmente chiamiamo modellismo. In questo caso non c’é da costruire ma da collezionare e ogni oggetto ha un piccolo certificato con numero di serie da custodire gelosamente. Tra gli oggetti che le moto e le miniature di Valentino Rossi, che non può non mostrarci, e anche un oggetto davvero inusuale: la riproduzione dei camion che trasportano il vaccino.Argomento moderno, e oggetti che oggi, spiega Carlos, costano un prezzo abbastanza basso ma che col tempo e la richiesta possono aumentare di valore. In fondo é questa la legge di mercato che regola il valore di questi oggetti da collezione.
Il mondo “in miniatura” di Carlos é davvero senza fine: ci trasporta tra riproduzioni della guerra, con tanto di personaggi e oggetti di vita quotidiana, oltre a quelli di vita militare, per ricreare l’ambiente in ogni aspetto, quello che in gergo si chiama Diorama. Oggetti che vengono dall’Italia, dalla Germania, dagli USA, la Russia, l’Ucraina…e altri paesi. Un vero giro del mondo in qualche sala.
Ma quello che più mi colpisce in questa visita guidata che Carlos ci fa del suo negozio é la passione con cui ci racconta le cose e il fatto che per ogni singolo oggetto, per ogni riproduzione, Carlos riesce a raccontarci la storia di quell’evento o di quell’oggetto li ricreato. É come assistere ad una lezione di storia, passeggiando in questo mondo in miniatura.
E ce n’é per tutti i gusti, dalla battaglia di Waterloo al Reichstag.
Ovviamente non mancano tutti gli oggetti, miniature di alberi e fiori, e personaggi usati anche per i progetti di architettura, e piccole ricreazioni, con mini personaggi, di ogni momento della vita umana.
Carlos ci ha davvero portato in una realtà differente, fatta di storia ma anche di molta fantasia. E quello che davvero ci colpisce é la sua grande passione, il modo in cui gli occhi brillano mentre ci descrive il suo mondo, pezzo per pezzo.
Il suo appuntamento immancabile é ovviamente la fiera di Norimberga, dove ogni anno Carlos partecipa anche come addetto stampa per la sua rivista Hobby magazine. In 55 anni é mancato solo due volte; un appuntamento fisso per lui.
Ma Carlos ha ancora altri mondi e talenti nascosti da raccontare. Scopriamo che le foto della sua rivista sono sue. E che dietro la passione che ci ha raccontato si nasconde un passato da fotografo.
Anni addietro, a Parigi, aveva partecipato ad un corso di fotografia e cinema ed era finito a lavorare per Playboy. Ci racconta che per trovare nuove modelle, si recava in centro al Cafe de la Paix, dove le ragazze in cerca di lavoro come modelle, erano attente alla presenza di un fotografo. E allora Carlos doveva giusto appoggiare la sua macchina fotografica sul tavolo, e il gioco era fatto. Gli chiedevano la realizzazione di un book fotografico e cosi lui si trasformava in talent scout.
E Parigi non sarà la sua unica destinazione. Invitato per un evento fotografico in Brasile, ci ritorna una seconda volta per un lavoro di reportage di un anno e mezzo in Amazzonia.
E se la fotografia lo aveva portato laggiù, i reportage video, lo avevano visto protagonista di servizi realizzati anche per la RTP. Ce ne racconta uno legato alla guerra di oltremare che aveva finito per raccogliere immagini piuttosto scioccanti che alla fine non potevano essere trasmesse. E tempo dopo quelle stesse immagini, in un concorso in Spagna, gli erano valse un importante premio giornalistico.
Insomma. Carlos non finisce mai di stupirci, una vita che sarebbe degna di un libro. Ma anche davanti a tante avventure, lui preferisce ritornare nel suo piccolo mondo, un po’ come una versione maschile di Alice, che “rimpicciolisce” per ritornare nel suo paese delle meraviglie, che per Carlos sono un mondo fatto di trasporti, paesaggi e personaggi, da poter tenere spesso nel palmo di una mano.
Per raccontarvi la prossima storia, non basterebbero pagine e pagine, tante sono le cose, le esperienze, le sfaccettature della persona che sto per presentarvi. E anche con tante parole, probabilmente non riuscirei a trasmettere completamente l’energia straordinaria che emana.
Si tratta di Glow.
Appena ci sediamo a parlare, appassionata di orecchini come sono, non posso non notare quelli che indossa, assolutamente originali. E Glow mi spiega che li ha realizzati lei con una stampante 3D e con una speciale resina biodegradabile di mais e canna da zucchero. Mi ha già conquistato.
Mi dice che, quando comincerò a conoscere la sua storia, capirò anche come sia arrivata all’idea e a questa forma d’arte.
“L’infanzia”
Glow nasce in Brasile, a San Paolo. Il ricordo più bello della sua infanzia é la fattoria di sua nonna, vicino ad un fiume, immersa nella natura, senza nessun contatto con il mondo moderno. Un ricordo che probabilmente ha molto influenzato la sua attuale sensibilità verso l’ambiente.
All’età di 6 anni e fino agli 8 più o meno si ritrova a vivere da sola con la madre, poiché il padre lascia il Brasile per andare a lavorare in Portogallo e in altri paesi.
I suoi genitori avevano aperto delle attività commerciali, dei negozi in cui si vendono riviste, libri ma anche piccoli generi alimentari. Purtroppo i loro vari tentativi commerciali si erano sempre conclusi col fallimento.
Ma é proprio attraverso i libri e le illustrazioni dei fumetti che Glow ha il suo primo contatto con l’arte che la colpisce fin da subito.
La sua infanzia sarà in Brasile, ma intorno agli undici anni raggiunge suo padre, che nel frattempo ha un’altra famiglia, in Portogallo e va ad abitare con lui, la sua nuova moglie e la loro figlia in Ribatejo.
Non sarà una convivenza facile.
Glow mi dice una cosa che mi colpisce molto e nel corso della nostra intervista lo ripete spesso. Quello che più mi colpisce, in realtà, é che lo dica con un sorriso e con serenità.
Mi dice che i suoi genitori sono persone “emotivamente indipendenti” mentre lei era una persona “emotivamente dipendente”. Aveva sempre cercato l’approvazione dei suoi, la classica “pacca sulla spalla”davanti alle sue scelte, un “brava” detto al momento giusto, ma questo é spesso mancato.
“Scoprirsi”
Nel frattempo per Glow comincia anche un periodo di scoperta di se stessa. Comincia ad interrogarsi su di sé, la sua identità di genere. E comincia anche ad esprimere questo momento di scoperta attraverso un nuovo modo di essere e di presentarsi. Ma deve fare i conti con un ambiente molto conservatore, ancora di più in un piccolo villaggio, dove suo padre stesso, in quanto straniero, era stato oggetto di discriminazione.
La reazione di Glow sarà quella di smettere di esprimersi come vorrebbe, per cercare cosi di proteggersi.
Intorno ai suoi 15/16 anni una nuova sfida: decide di frequentare la facoltà di Marketing digitale e pubblicità. Comincia a conoscere l’ambiente del Marketing, dell’audiovisivo ed inizia a sperimentare nuove forme di espressione attraverso immagini e suoni che diventano per Glow una nuova valvola di sfogo ed una nuova maniera di raccontarsi.
In quel periodo comincia anche a scrivere poesie. Comincia a frequentare anche il circolo dei poeti di Santarem ed una delle sue poesie sarà anche scelta per essere inserita in un libro.
É un modo per Glow di esprimere i suoi sentimenti, quei sentimenti che impara troppo presto a nascondere. Si definisce una bambina sola. Ma non lo dice con amarezza o con rabbia verso i suoi genitori. Anzi. Spiega proprio che all’inizio c’era rabbia ma che oggi c’é comprensione per quello che é stato, che ha capito che ognuno di noi é fatto a modo suo e che i suoi genitori sono indipendenti e non riuscivano a dare a Glow l’approvazione di cui aveva sempre bisogno. Poi ad un certo punto ha smesso, ed ha capito che l’appoggio di cui aveva bisogno doveva cercarlo dentro di sé.
“L’indipendenza”
Un grande cambiamento arriva quando Glow ha sedici anni. In auto verso casa insieme a suo padre e la moglie, inizia una conversazione con i due che sfocia in discussione. A quel punto Glow chiede di fermare l’auto e scende, nel mezzo della strada. Vivevano a 40 km da Santarem e la strada verso casa era ancora abbastanza lunga. Suo padre pensa che la ritroverà a casa ma Glow a casa non ci tornerà più. Si rifugerà da un’amica dove abiterà per un po’.
È in questo periodo che Glow comincia ad “interrogarsi sul suo Modus Operandi”, soprattutto si interroga su come voleva davvero essere vista dagli altri, qual era l’immagine di sé che voleva veramente dare.
Alla fine della scuola superiore un altro cambiamento, stavolta dettato dal cuore. Innamorata di un ragazzo, lo segue a Peniche dove lavora in un’officina. “Non lo farei mai più”, mi dice. E non parla del lavorare in un’officina, perché il lavoro non la spaventa, ma di cambiare città per seguire qualcuno, perché le scelte vanno fatte per se stessi e non in funzione degli altri.
A quel punto Glow capisce di avere bisogno di un ambiente diverso, una città più grande in cui sentirsi libera di esprimersi. Ed é li che arriva a Lisbona, circa sette anni fa. Ed é qui a Lisbona che comincia con una serie di esperienze, alcune abbastanza decisive per le sue scelte future.
“Esprimersi”
All’inizio é il lavoro del bar di una discoteca dove ci sono spettacoli di Drag Queens. Una scoperta. Glow comincia ad essere affascinata da questo mondo e decide che potrebbe essere il modo di cui ha bisogno per esprimersi. Decide di cominciare a fare delle piccole performances per strada. Un vero cambiamento per Glow che all’epoca ancora usava abiti maschili. Ma per queste performances, indossa i panni di una drag queen, un vestito di scena, una parrucca. E ogni giorno percorre vestita cosi la strada tra casa e la zona in cui si esibisce.
E quel percorso Glow se lo ricorda bene, ma soprattutto, mi dice, si ricorda l’umiliazione che sentiva mentre lo percorreva, ogni giorno.
Questa fase della sua vita Glow la vede come un momento di riflessione. Il lavoro era estremamente stancante, dalle 22h alle 7/8h del mattino per guadagnare 25€, a notte e non a ora. Ma Glow mi dice che le ha offerto una nuova visione della vita. E le ha anche permesso di avere un primo contatto con la comunità LGBT (acronimo per Lesbica, Gay, Bisessuale e Transgender, n.d.r.).
Poi sarà la volta di un lavoro in un locale gay per pubblico rigorosamente maschile, dove ogni sera c’era un “tema speciale” da seguire. Glow ci tiene a spiegarmi come funziona perché la prima impressione può essere negativa. E mi confessa che lei stessa aveva molti pregiudizi in proposito. Ancora una volta lavora nel bar. Ma ogni sera assiste alla routine di questo locale che all’inizio un po’ la colpisce, ma poi la fa riflettere. Guardando il pubblico che li arriva, capisce quante persone ci siano che necessitano di un posto “segreto” per potersi esprimere liberamente, senza essere giudicate.
Glow comincia ad interrogarsi sulla sua personalità, comincia a porsi molte domande, impara ad avere orgoglio del suo corpo e si rende conto di non sapere più quanto della Drag Queen é davvero Glow e quanto é solo un personaggio. Cosi Glow abbandona i panni della Drag per fare chiarezza.
E parte per la Spagna, dove lavora nella reception di un hotel aperto in un antico convento.
Nel frattempo comincia anche a registrare dei postdcasts su temi del quotidiano che sono spesso tabu.
E soprattutto in questo periodo rincontra suo padre.
Per Glow é una svolta importante. Mi spiega che per tutti questi anni per lei era come se non riuscisse ad andare avanti, proprio perché questa parte della sua vita e la relazione con suo padre erano rimaste sospese. Rivederlo, parlarci, per Glow é stato un modo di chiudere un ciclo. Non é più arrabbiata, li ha accettati. I suoi semplicemente non riescono a dimostrale il loro affetto come lei vorrebbe. Glow ricorda per esempio quando, scelta dal ciclo di poeti di Santarem, suo padre non entrò in sala per supportarla, ma sapeva che era felice per lei. La madre la sente al telefono, ogni tanto, ma non la vede da tredici anni. Loro vogliono che lei stia bene, e lei lo sa. E va bene cosi.
“L’arte”
Glow é nel pieno della sua espressione artistica: registra video in Instagram, comincia ad assumere uno stile femminile. Con l’arrivo della pandemia Glow comincia a sentirsi più isolata. Fino a scoprire uno spazio a Lisbona di incontri Voguing. (Nella New York degli anni ’20, la comunità LGBT ha trovato rifugio nelle chiamate Ballrooms (sale da ballo). Ben oltre una semplice festa, era ed è tuttora uno spazio accogliente, un luogo sicuro dove queste persone che vivevano quotidianamente ai margini della società potevano, almeno per una notte, sentirsi bene con se stesse. Il voguing ha le sue origini nelle ballrooms di New York degli anni ’20, essendo stato creato dalle comunità queer nere e latine di Harlem. É uno stile di danza ispirato alle pose che le modelle usavano nelle pagine di Vogue, e influenzato anche dagli antichi geroglifici egizi e dai movimenti ginnici, n.d.r) E in questi ambienti in Lisbona, Glow comincia a scoprire anche la danza, una nuova espressione
Ed é ecco la Glow che vediamo ora, una grande donna frutto di tutte queste esperienze vissute.
Oggi é molto dedicata anche a questioni ambientali ed é da questa nuova vertente che nasce la Glow Oficina in cui si dedica alla creazione di arte sostenibile.
Per Glow l’arte deve essere “senza rifiuti”, un’arte completamente sostenibile. Dice che per diminuire l’impatto sul pianeta dobbiamo essere noi i primi a cambiare. E Glow cerca di farlo attraverso le sue creazioni, usando abiti donati o di seconda mano, attraverso nuove abitudini alimentari. Ma l’arte di Glow ha molte sfaccettature.
Nella sua ultima casa ad Alfama, Glow comincia con locandine su vari temi appese al suo balcone. La sua idea é quella di fare della sua casa una galleria d’arte vivente. E mi mostra il lavoro ispirato all’opera di Linn da Quebrada (artista brasiliana n.d.r) e della sua prima performance dedicata al mito di Lillith (la prima donna, prima di Eva, nata come donna pari di Adamo e non creata dalla sua costola, n.d.r.). Attraverso un’esposizione itinerante nelle stanze della sua casa, tra dipinti, video e immagini e suoni, Glow racconta questa storia.
Ma manca ancora un tassello. Glow compra una stampante in 3D e comincia a realizzare oggetti con materiali riciclabili. E riprende a scrivere poesie. Oggi, mi dice, ha capito che nessuna delle sue forme di espressione, per poter restare libere, può essere fonte di rendimento.
E adesso?
“Il futuro”
Ha venduto tutto, ha comprato una telecamera con cui filmare la sua vita e mandato una candidatura per fare volontariato in Italia. In questo momento in cui leggete la sua storia, Glow é a Catania, dove si dedica al sostegno sociale di chi ha più bisogno.
Ha tanti progetti, ma ci penserà giorno per giorno, magari una performance che racchiuda tutte le sue arti.
Prima di lasciarci mi dice che aspettare che gli altri cambino non serve, siamo noi a cambiare ed é questo cambiamento che conta. Solo cosi abbiamo impatto nella società, molto di più che costruendoci un personaggio sulle reti sociali.
Oggi Glow cerca di vivere in modo più leggero, senza pretendere troppo, senza chiedere troppo a se stessa, restando propositiva e continuando a raccontare la sua verità.