By : Novembre 28th, 2021 #umdiadecadavez 0 Comments

Nel quartiere di Alfama, nella “costa do Castelo” o più giù, quasi nascosto nel piccolo passaggio scendendo le scale da largo das portas do sol, si è catturati dalla voce emozionante di Ruca e dal suo fado.

 


Originario di Leiria, Ruca Fernandes scopre il fado intorno ai 20 anni per puro caso. Durante un banchetto di nozze, assiste ad uno spettacolo di fado, ed é subito amore. 

Da quel momento comincia ad ascoltare i dischi di fado di suo padre, ad imparare le parole ed inizia a cantare. Le prime volte che lo fa in  pubblico sarà in delle serate di Karaoke, quando scopre che tra le musiche disponibili c’è anche il fado e comincia cosi a cantare.

Quindici anni fa scopre il fado vadio (fado di strada, quello che tradizionalmente si canta nelle taverne), e decide di tentare. Impara un fado, “a moda das tranças pretas” e si presenta una sera nella Tasca dos chicos e chiede di cantare. Qualche minuto per concordarsi sulla tonalità con i chitarristi ed ecco che la sua voce si espande per il locale.

Ruca comincia a cantare fado con più frequenza ed inizia ad avere contatti con altri fadisti ed é cosi che nel 2007 si esibisce nella “Grande noite de Lisboa”, uno speciale spettacolo dedicato al Fado. Partecipa anche a due concorsi canori, “Concurso de fado de Odemira” e da “Costa da Caparica” e li vince entrambi.

 

Ruca inizia anche a partecipare a delle visite guidate dedicate al fado, dove al racconto delle guide si unisce l’emozione della sua voce.

Ricordo la prima volta che l’ho sentito cantare: è stato in un ristorante di fado, dove Ruca cantava accompagnandosi alla chitarra come fa ancora oggi. Ricordo l’emozione di quella voce, e di come la sua bravura avesse colpito i turisti che accompagnavo quella sera. Quando poi l’ho reincontrato e conosciuto meglio, ho scoperto che dietro il suo essere artista si nasconde una persona estremamente timida.

E allora gli chiedo come fa, come riesce a dominare la sua timidezza e a cantare davanti a tante persone. E Ruca mi confessa che il Fado è quasi una terapia.

Nel momento in cui prende la sua chitarra e comincia a cantare, entra in un’altra dimensione, si trasporta su un piano diverso, dove non esiste timidezza, dove non ci sono le persone che lo guardano, dove esistono solo lui e la sua musica. E non è un caso, mi spiega, che i tipi di fado che più ama cantare siano quelli più malinconici e tristi. In fondo in quel modo riesce ad esprimere quello che sente, incanalando in quella musica la sua anima. Perché cantare fado è esporsi all’emozione, propria e di chi ti ascolta, senza filtri.  In fondo nel fado ancora prima della tecnica è importante l’anima, e la capacità di trasmettere la propria emozione.

 

 

Quando spiego il fado a qualcuno che non lo ha mai ascoltato, dico sempre che capire le parole non è importante, e non lo è neppure il fatto che il cantante abbia una tecnica vocale perfetta. Quello che davvero importa è che chi sta cantando riesca a farlo senza barriere, senza filtri, perché chi lo ascolta possa sentire la sua anima.

 


Ruca è d’accordo che il fado è una musica universale, che tutti possono capire pur senza cogliere la parole e il suo significato, perché è emozione pura.

E personalmente conosco bene questa sensazione perché io stessa mi sono emozionata tante volte, spesso fino alle lacrime, ascoltando il fado, pur all’inizio senza parlare portoghese. E con Ruca mi è successo più di una volta. Perché quando canta, si sente che lo fa con il cuore. Per lui la musica è tutto. 


Quando gli chiedo cosa provi quando riesce ad emozionare le persone cosi, mi dice che sente di aver fatto un buon lavoro, perché significa che la sua musica è arrivata al cuore delle persone, alla loro parte più intima.

Mentre parliamo, ogni tanto si interrompe, impugna la sua chitarra e comincia a cantare. Come se la sua anima fosse “posseduta”dal fado e non potesse fare a meno di cantarlo. La nostra conversazione è piacevolmente interrotta più volte da questi momenti, in cui per raccontarsi meglio, Ruca lo deve fare attraverso la musica. 

E allora inizia suonare, chiude gli occhi, e la sua voce comincia a risuonare tra le strade di Alfama, intonando un fado, “Com que voz”, poema del grande poeta Luis Vaz de Camões, cantato dalla celebre Amalia Rodrigues.

E la gente si ferma, una persona dopo l’altra, affascinati da quella musica e sopratutto dalla voce di Ruca. 

Sono pochi giorni che Ruca ha cominciato a cantare per strada. C’è meno lavoro nelle case di fado in questo periodo. Ma Ruca lo fa soprattutto per essere in contatto con le persone, in fondo il fado è anche quello, trasmettere emozione cantando tra la gente, in un’atmosfera assolutamente intima. 

Ruca mi confessa che il suo sogno più grande sarebbe quello di essere invitato a cantare fado all’estero, essere ambasciatore di questa musica. E noi glielo auguriamo. In fondo tante cose sono cambiate dai suoi inizi: ora spesso possiamo ascoltare la sua voce su Radio Amalia (radio dedicata al fado, n.d.r.) e ha già pubblicato due dischi, nel 2008 e nel 2018.

Ma ci sono sempre nuove sfide che lo aspettano. Ruca mi dice che ogni giorno per lui è una sfida personale, con se stesso, per migliorarsi, per riuscire a raggiungere sempre più tecnica, cantare fado sempre più complicati, trasmettere sempre più emozione.


Ruca mi racconta che ai suoi inizi era andato in una casa di fado a chiedere delle informazioni su dove poterlo studiare e il portiere di quella casa gli aveva chiesto in cosa potesse aiutarlo. Ruca gli aveva detto di essere alla ricerca di una scuola in cui imparare il fado. E allora quel signore gli aveva detto che “il fado non si impara, fadista si nasce”.


Sicuramente, come Ruca dice, bisogna sapersi perfezionare e curare anche la propria tecnica, ma io sono d’accordo con quel signore “fadista si nasce”.

C’è un’emozione nel cantare il fado che o hai o non hai. E quella non la puoi imparare. E Ruca ce l’ha.

Basta vedere l’atmosfera che nel frattempo si è creata intorno a noi. Il sole é tramontato, sta diventando notte nei vicoli di Alfama.

Nel piccolo passaggio tra due strade dove ci siamo fermati a parlare con Ruca, si accende una fioca luca. Ruca sta cantando “Gente da minha terra”, uno dei miei fado preferiti.  Sulle scale che scendono ad Alfama la gente comincia a fermarsi. Si è creata una piccola folla, ma tutto tace. Nessuno osa interrompere quella magia che Ruca è riuscito a creare. Come se in quel momento tutti trattenessero il fiato, colpiti da quell’emozione che la voce di Ruca trasmette. Continua a cantare, con gli occhi chiusi. Non sa quanta gente si è fermata, non li vede. In quel momento non c’è posto per niente e per nessuno: esiste solo lui e la sua voce, la sua musica, il suo fado.

By : Novembre 16th, 2021 #umdiadecadavez 0 Comments

È un giorno di pioggia oggi a Lisbona, di quelli autunnali, un po’ grigi.  Ma la nostra giornata, quella mia e di Alex, sta per essere rallegrata da un felice incontro. 

Christian, vecchia conoscenza di Alex, ci viene incontro con il suo vivace cane Chopin. E si, Chopin, come il celebre compositore. D’altra parte un amante della musica come lui non poteva scegliere nome migliore. 

Christian, all’anagrafe Christian Lújan, è infatti un baritono dalla bellissima voce. Ma è anche un artista dalle mille sfaccettature. Pronti a scoprirle insieme?

Christian, colombiano di origine, a Lisbona ci arriva per caso. 

È successo 15 anni fa, quando all’età di 21 anni segue la madre, che, dopo il divorzio, decide di venire a Lisbona. Il loro arrivo non sarà dei più semplici perché, come Christian ci racconta, arrivano senza visto e passeranno ben 6 giorni in aeroporto a Lisbona in attesa di sapere se poter entrare nel paese o meno. 

Quattro mesi dopo Christian entra nel Conservatorio Nazionale dove inizia a studiare canto lirico. Inizia anche a frequentare la facoltà di Musicologia nella FSCH, ma senza completare il corso. 

La musica era ormai la sua strada e Christian non smetterà mai di seguirla. 

“Ma come è iniziata?”, gli chiedo. Ancora una volta per caso. 

Christian è originario di Medellín, centro della Colombia, non esattamente un paese dove la cultura della musica lirica possa ritenersi particolarmente radicata. Cresce con due educazioni diverse: sua madre è avventista (chiesa cristiana avventista del settimo giorno, n.d.r.), ma Christian frequenta la scuola salesiana della sua città, è vegetariano in casa, mangia carne a scuola, a casa si rispetta il sabato come giorno di riposo, ma alle stesso tempo inizia a far parte del coro salesiano. 

Nel frattempo comincia anche a suonare. Era uso introdurre i bambini alla musica con piccoli corsi e Christian scopre il contrabbasso che sarà il suo primo strumento. 

E cosi comincia il suo legame con la musica: tra il suo contrabbasso e i salmi cantati con il coro durante la Messa. Fino a quando un giorno qualcuno lo sente cantare. Antonio, professore alla facoltà di medicina, ma appassionato di musica e direttore del coro. Sente qualcosa di diverso, di speciale nella voce di Christian e gli propone di cominciare a curare questo suo dono. E cosi comincia a studiare nell’Instituto di belle arti di Medellín e si apre al mondo dell’opera. 

Quando sua madre decide di partire per Lisbona, per Christian è l’occasione di arrivare in Europa, nel continente in cui l’opera e la cultura del canto lirico è radicata da secoli. 

Ed è cosi che è iniziata, ed è a Lisbona e nel suo conservatorio che si è dedicato a questo nuovo mondo. 

Christian si ricorda ancora la sua prima opera e il suo primo ruolo, quello di Pinnellino, il calzolaio del Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, al San Carlo di Lisbona. Aveva 23 anni. Gli chiedo quanto fosse emozionato. Christian mi risponde: “Emozionato? No. Terrorizzato”. Questo il suo ricordo delle prime due rappresentazioni. Ma in fondo, mi dice, è sempre cosi. Le prime rappresentazioni sono quelle del tremore, dell’ansia, poi si entra in scena, una sera dopo l’altra, e un po’ alla volta si comincia a godersi lo spettacolo e l’emozione della musica e dell’opera. 

Lisbona non sarà la sua unica meta. Si trasferirà in Belgio per tre anni e mezzo dove si perfezionerà al Flanders Opera Studio.

 

Ed é in Belgio che arriverà la  grande svolta nella sua vita sentimentale. Tornerà ad incontrare una collega, Mariana, lisboeta, cantante lirica anche lei, la cui strada aveva già incrociato ma senza che la scintilla fosse scoccata. Due caratteri diversi all’epoca, lei vivace, lui in una fase che definisce “boemia”, non si erano incontrati. Ma il destino gli ha dato una nuova possibilità, in Belgio, dove sono finiti a condividere un appartamento e si sono innamorati. La loro storia d’amore dura da dieci anni ormai e pochi mesi fa é stata coronata dalla nascita della tenerissima Camila. 

Tanti sono i ruoli che Christian ha interpretato, ma quando gli chiedo quali sono quelli in cui si é più immedesimato o che più ha amato, non ha dubbi: Scarpia (il “cattivo” dellla Tosca) o Marcello (il pittore della Bohème), e i ruoli tragici dell’opera romantica, soprattutto quella di Giacomo Puccini.

Oggi Christian vive di musica, ma non può non ricordare i tempi in cui si è dedicato a tanti lavori diversi e nel frattempo, passava da un’audizione all’altra. Sicuramente una situazione stancante all’inizio, ma che non ha mai fatto desistere Christian che oggi ha saputo far conoscere il suo nome e la sua voce speciale nel mondo della lirica e finalmente può vivere di quello che ha sempre sognato.

Ma il ventaglio delle sfumature artistiche di Christian non si ferma alla musica e al canto lirico, e mentre ci dice di aver iniziato a studiare per imparare le tecniche di massaggio cinese, ci parla anche di un progetto di fotografia. Ci tiene a dire che non é un professionista, ma le sue foto lasciano davvero senza parole. (Cercate su Instagram @quotidianoss, e giudicate voi stessi). 

Il progetto é estremamente interessante: passare una mattina con un estraneo e fotografarlo nella sua quotidianità, al naturale, nudo. Non si tratta di modelli ma di persone comuni. 

Christian é sempre stato appassionato di fotografia, già da ragazzo, e racconta di quando all’età di 15 anni gli rubarono la sua macchina fotografica con dentro ancora il rullino e delle fotografie tra cui due prime foto di nudo. Da allora questo progetto era rimasto sospeso, fino ad oggi. Christian ci racconta di aver dovuto lottare contro una serie di preconcetti e di aver avuto bisogno di tempo per confessare, addirittura alla sua stessa famiglia, che il nudo era il soggetto da lui scelto per le sue fotografie. Un progetto che adesso continua già da circa 5 anni e che ci regala immagini di un quotidiano al naturale, senza filtri, senza costruzioni. 

Un mondo tutto da scoprire, insomma, quello di Christian. 

Nel frattempo la pioggia ci ha dato un momento di tregua e Chopin non smette di saltellare sulle gambe di Christian: è ora della passeggiata. 

 

E allora li accompagniamo e ne approfittiamo per fare ancora quattro chiacchiere, sulla vita, i tanti cambiamenti vissuti, i progetti del futuro e, sopratutto, sulla nuova meravigliosa avventura della sua recente paternità.

Ci siamo, è ora di lasciarli andare, ma prima io ho ancora una curiosità: “E il contrabbasso?”

 È rimasto appeso alla parete di una fattoria in Colombia. Forse chissà, un giorno Christian lo andrà a recuperare, forse resterà li come un segno di dove tutto è cominciato.

Prima di salutarci, Christian ci dice che nel suo futuro ci sono ancora viaggi, ancora luoghi da scoprire e in cui mettersi alla prova. In fondo l’arte è una continua evoluzione. Ma nel frattempo possiamo godere ancora della sua voce nei teatri di Lisbona, un’esperienza da non mancare, quella di lasciarsi trasportare dalla magica atmosfera dell’opera e dalla voce melodiosa del nostro Christian. 

By : Novembre 4th, 2021 #umdiadecadavez 0 Comments

Quando sono arrivata a Lisbona, uno dei primi posti che ho visitato, è stato un negozio storico proprio nella piazza di Rossio. Si tratta del Madeira Shop.

Ricordo che quello che più mi aveva colpito entrando in questo negozio, era stata un’anziana coppia che mi aveva accolto con estrema gentilezza. Si trattava dei proprietari di questo luogo che, da generazioni, è nella mani della famiglia Abreu. 

E cosi per raccontarvi la nostra prossima storia abbiamo deciso di recarci proprio li. 

 

Su un lato della piazza di Rossio, alla destra di Pedro IV, che dalla cima di una colonna domina la piazza, tra negozi moderni e marche internazionali, si erge il Madeira shop, aperto nel 1959. 

E ad accoglierci questa volta è Ana, figlia di quella coppia che mi aveva accolto anni fa durante la mia prima visita. 

Ana comincia a parlarci di come è nato questo luogo, ma soprattutto della sua famiglia perché, scopriremo presto, le due storie sono strettamente collegate. 

Ana inizia a raccontare e scopriamo che tutto comincia con suo nonno, Antonio Abreu, originario dell’isola di Madeira che si trasferisce nel “continente” con  cinque dei suoi sette figli (due nasceranno a Estoril).  Ana ci racconta di non aver mai conosciuto suo nonno, perché nata quando i suoi genitori avevano già 41 e 39 anni, e il nonno all’epoca era già scomparso. Ma la memoria di quei tempi e di come tutto è cominciato, Ana l’ha ricevuta in eredità dai suoi genitori ed oggi ci aiuta a ricostruire la loro storia.

 

Quando la sua famiglia si trasferisce nel “continente”, arriva a Estoril. Probabilmente per rimanere vicino al mare. In fondo si sa, quando si cresce su un’isola, e circondati dal mare, è impossibile restarne troppo lontani. 

Il grande cambiamento arriva nel 1916 con un personaggio cui si deve un importante cambiamento nel turismo portoghese: Fausto Figuereido, che, oltre a lanciare la costruzione del casino di Estoril, diede origine anche alla linea ferroviaria che, col tempo, collegherà Estoril a Lisbona. La conseguenza di questo importante cambiamento sarà un importante incremento turistico che porterà nuovi clienti internazionali al negozio aperto proprio in questa zona costiera. 

La famiglia Abreu comincia ad aprire più negozi, a Estoril, Lisbona, a Sintra e finalmente ancora due a Lisbona, l’ultima delle quali sarà il Madeira Shop.

È proprio quest’ultimo che sarà gestito dai genitori di Ana. Un’attività commerciale ma soprattutto un’eredità di famiglia. A cominciare con il nonno, poi il padre di Ana e adesso con lei e suo marito João. 

Ana ci racconta che la loro attività ha dovuto attraversare varie crisi, a cominciare da quella a seguire alla rivoluzione dei garofani del 1974 che pose fine alla dittatura, passando per la crisi della borsa negli Stati Uniti, la crisi economica del 2008 e, per finire, la pandemia dell’ultimo periodo. Tante le prove e i momenti di crisi da superare, ma ogni volta sono riusciti ad andare avanti, soprattutto per orgoglio, per non perdere questa tradizione così importante per la loro famiglia. 

Ana ci dice chiaramente che la ragione principale per cui continuano con la tradizione del loro negozio non è il guadagno economico, ma soprattutto la volontà di non interrompere una tradizione di famiglia che dura da tanti anni. 

Diversi i prodotti che possiamo trovare in negozio e da diverse regioni di Portogallo, ma soprattutto un prodotto d’eccellenza che è quello che dà anche il nome al negozio: i ricami di Madeira. 

L’origine dei ricami (Bordado) di Madeira risale all’antichità e al bisogno di decorare gli spazi. L’arte del ricamo è stata per molto tempo un’attività cui si destinavano le donne delle classi più benestanti oltre alle religiose e il grande impulso arrivò negli anni 50 dell’800. 

Addirittura questa tradizione artigiana partecipò alla Great Exhibition of the Works of Industry of all Nations a Londra nel 1851, riscuotendo un enorme successo. 

Si tratta di un ricamo su lino, che, per la sua delicatezza e tradizione, fu sempre un prodotto di lusso che si incontrava nelle case aristocratiche. E oggi è considerato il migliore ricamo del mondo.

La famiglia di Ana si dedicò sempre ai “bordados da Madeira”, prima nella vendita con grande successo, poi addirittura nella produzione a Madeira. Oggi non più  visto che seguire la produzione a distanza stava diventando complicato. 

Si tratta ancora oggi di prodotti costosi e di oggetti di grande pregio, che hanno come acquirenti  soprattutto i turisti, che hanno sempre fatto parte dei loro clienti abituali, sin dai tempi del primo negozio di Estoril. Ma Ana dice che anche molte famiglie portoghesi comprano biancheria ricamata per arricchire il corredo di famiglia o, per esempio, una tovaglia da usare per le occasioni speciali. Si tratta di oggetti che vengono poi tramandati di madre in figlia e che spesso restano in famiglia per varie generazioni, finendo per diventare custodi di memorie e ricordi, momenti speciali da ricordare, feste in famiglia da non dimenticare. 

E in un’epoca in cui si parla tanto di sostenibilità, prodotti artigianali di tale qualità ne sono sicuramene un importante sostegno. 

E la memoria tramandata attraverso gli oggetti acquistati fa si che Ana e la sua famiglia finiscano in qualche modo per far parte anch’essi di questa memoria.

Ana ci mostra un quaderno dove clienti abituali, stranieri e portoghesi, clienti che sono tornati più volte in negozio, lasciano un ricordo, una storia, un ringraziamento per qualcosa che, acquistato nel Madeira Shop, è poi entrato a far parte della storia di famiglia. Ana ci racconta di aver ricevuto chiamate e messaggi in questo periodo di pandemia di clienti preoccupati per lei e per i suoi genitori, sincere manifestazioni di affetto. 

Ana ha cominciato a lavorare con la sua famiglia nel 2003, ma è dal 2008 che si dedica al negozio di famiglia più attivamente e a con l’aiuto attivo di suo marito João. 

I genitori di Ana, Joaquim e Maria Antonia, oggi hanno 86 e 84 anni, ma non è stata l’età a tenerli lontani dal lavoro, ma si la pandemia. Ma Ana ci dice che di tanto in tanto non resistono e tornano in negozio, e quando non possono, pretendono a fine giornata da Ana un resoconto completo di tutto quello che è successo durante la giornata di lavoro. 

Fino al 2019, in negozio non mancava mai la loro presenza, mentre Ana e João gli davano sostegno in negozio e, allo stesso tempo, si occupavano di viaggiare per il paese alla ricerca di oggetti d’artigianato unici. 

 

Un’occhiata al negozio ci fa capire subito che non si tratta di un negozio comune e neppure di oggetti usuali. Ana conosce la storia di ogni oggetto, ascoltarla è come un viaggio nella storia delle tradizioni portoghesi, sa indicarci ogni diversa scuola o artista dietro ogni singolo oggetto. Perché li ha scelti uno per uno, ha incontrato gli artigiani, li ha visti lavorare. 

E gli oggetti più fragili, Ana e João li hanno trasportati personalmente.

Perché questo lavoro è anche un modo per custodire e tramandare la tradizione di famiglia e l’amore che i suoi genitori hanno sempre avuto per questo lavoro. 

 

Ana ci guida tra gli oggetti di ceramica di Coimbra ispirati in opere del XV e del XVIII secolo, il classico Gallo di Barcelos in terracotta dipinto a mano, simbolo di fede e giustizia e fortuna, e oggi anche uno dei simboli del paese, i “Figurados” rappresentati da artisti più moderni e raffinati e altri più anziani che ancora tramandano un’arte antica di rappresentazioni sacre e di vita quotidiana del campo. Immancabile la tradizione romantica dei fazzoletti degli innamorati, che anticamente le donne ricamavano a mano per l’uomo amato e che l’uomo doveva usare la domenica a Messa per mostrare di ricambiare i sentimenti della donna in questione. 

   

E non mancano i tradizionali azulejos, i mobili dipinti dell’Alentejo, e tanti altri oggetti, opere di artigianato straordinari. 

Ai ricami di Madeira si uniscono quelli di Viana do Castelo, ugualmente belli ma meno costosi, per permettere di raggiungere anche altri clienti. 

E non mancano neppure gli abiti tradizionali di Madeira e di Viana, che sono spesso acquistati da turisti ma anche da emigranti portoghesi per portare con sé un pezzetto del loro paese. Per i bambini sono anche acquistati come abiti per il carnevale, mentre famiglie del nord ancora li usano nelle feste tradizionali, come quella dedicata a Nostra Signora dei dolori (20 agosto n.d.r.) o per alcuni eventi speciali. 

Insomma, un luogo dove su ogni mensola, c’è un mondo nuovo da scoprire. 

Il negozio di Ana, riconosciuto dalla città di Lisbona come una “loja com historia”, negozio storico, in realtà però è poco protetto dalla città stessa. 

I tempi cambiano, la città di Lisbona evolve, si modernizza, e con gli anni le marche internazionali hanno sempre più sostituito gli antichi piccoli negozi locali. 

Ma in fondo sono proprio questi negozi che contribuiscono a fare di Lisbona una città speciale e diversa dalle altre. 

Insieme all’incremento turistico che, ci dice Ana, è ovviamente benvenuto, sarebbe auspicabile riuscire a proteggere in qualche modo questi negozi antichi della città per fare in modo che non spariscano.

In fondo non si tratta più di un luogo solamente commerciale, ma uno spazio che giorno per giorno cerca di custodire la memoria di un passato che a volte si fa fatica a riconoscere, la memoria di un luogo e, in questo caso, di una famiglia davvero speciale.