João: c’era una volta un trono…

By : Luglio 17th, 2021 Senza categoria 0 Comments


Se vi trovate a Lisbona nel mese di Giugno, durante le feste di Sant’Antonio, vi imbatterete probabilmente in un trono. Non quello di un re, ma quello del Santo. Una tradizione antica che ormai si mantiene a fatica, almeno nella sua forma più tradizionale. 

Il trono é una specie di scalinata dove sulla cima c’é la statua di Sant’Antonio e sulle scale altri santi, o coppie di sposi (Sant’Antonio é un santo casamenteiro, bisogna pregarlo quando si é in cerca di marito/moglie). E il trono di Sant’Antonio si costruisce per la festa del Santo e poi si distrugge alla fine di giugno con la conclusione della festa. 

Ma ad Alfama ci sono dei troni che non vengono smontati, che restano esposti tutto l’anno, e sono quelli di João.

Nel piccolo giardino della sua casa, dove vive dal ´98, si uniscono varie decorazioni, tutte diverse, che sono espressione di un mondo tutto da scoprire e di momenti che fanno parte della vita di João e della sua storia, che accetta di raccontarci. 

La  prima domanda, inevitabile, é da dove venga questa passione cosi forte per la costruzione dei troni. Sicuramente dalla voglia di mettere in pratica un talento innato per il bricolage, ma soprattutto dall’amore per le tradizioni e per la festa di Sant’Antonio.

 

 


La sua passione, ci racconta, comincia già da bambino, quando con 7/8 anni faceva compagnia alla zia che costruiva un trono per il Santo vicino al suo negozio. 

E João aveva il diritto di stare insieme a lei, orgoglioso affianco al trono, vestito elegantemente per rendere onore al Santo e alla festa. E poteva anche andare in giro a chiedere “una moneta per Sant’Antonio. 

Questa tradizione iniziò nel secolo XVIII quando, dopo il terribile terremoto del 1755, si raccoglievano soldi per ricostruire la chiesa del santo. Nei tempi moderni, ci racconta João, queste monete servivano a comprare caramelle, biscotti o altri dolcetti. 

Ed é alla sua infanzia che é legato il suo primo ricordo di trono. E questa passione da allora non si é più fermata.  Ha iniziato a costruirli per la festa, poi per i suoi figli (che a volte facevano finta che fossero stati loro a costruirlo) e poi ha continuato per passione. 

Pur non avendo fatto per lavoro nulla che avesse a che fare con arte e manualità, João sembra non aver fatto altro nella sua vita. 

Impiega circa trenta minuti a montare un trono, ci spiega, ma quello che importa e richiede lavoro é la preparazione della struttura, degli elementi che lo compongono. 

I suoi troni sono diventati cosi celebri che qualche giorno fa é stato invitato ad una trasmissione domenicale sul canale Sic. E ovviamente ne é molto orgoglioso. Ha potuto mostrare in diretta come realizza queste sue piccole opere d’arte.  E l’agenda culturale di Lisbona gli ha dedicato una pagina del suo articolo sui troni. “Una piccola celebrità” – gli diciamo.

João é orgoglioso di presentarci le sue opere: c’é il trono più classico col santo, quello più decorato, c’é quello spettacolare dedicato ad Amalia, lo scorso anno, nel centenario della sua nascita. Un trono in cui l’opera di Vhils “Calçada” che rappresenta il volto di Amalia realizzato sulla calcada portoghese (e che potete ammirare nel largo de Sao Tomé ndr) diventano la base di un trono dove il tipico pavimento portoghese la fa da padrone e dove trovano posto un lampione, e in cima una chitarra portoghese, quella del Fado. E naturalmente Sant’Antonio sul gradino più alto. 


 

 

Con la pandemia le feste popolari sono state sospese e allora João ha sentito ancora più forte il desiderio di portare avanti comunque questa tradizione. 

“Tutto nasce non un’idea e poi comincio a creare”, ci racconta Joao. Questa passione per l’arte l’ha ereditata sua figlia, una dei suoi cinque figli. Due hanno abbandonato il Portogallo, uno per l’Inghilterra e l’altro per la Spagna. 

Anche i suoi figli sono legati alle tradizioni, hanno anche partecipato alle marce popolari (che si tengono ogni anno il 12 giugno sull’Avenida da Liberdade ndr) ma per quartieri diversi.

Mi stupisco. “Come, non per Alfama?”.

E João ci spiega che a volte Alfa ma non coccola i suoi “figli” come dovrebbe. Che i tempi in cui questo quartiere era una grande famiglia, senza invidie né gelosie, sembra essere un ricordo lontano. La memoria di un quartiere allegro, animato dai bambini che oggi sono sempre meno. E cosi anche una tradizione come il trono, che viene creato soprattutto per i più piccoli della famiglia, comincia a perdersi. O si trasforma in un oggetto commerciale, ci spiega João, nelle vetrine dei negozi, per promuovere i prodotti in vendita.

Ma il trono é un’altra cosa ed é quello che Joao cerca di promuovere e custodire. E tante persone del quartiere gli hanno chiesto di conservare queste sue opere e il suo piccolo giardino sembra ora quasi un museo, dove i suoi troni sono in mostra tutto l’anno. 

Ma i troni non sono l’unica opera che  João realizza.

“Il mondo dell’arte e dello spettacolo mi affascina” ci confessa. E ci mostra un vaso alla finestra, realizzato con una gamba finta con tanto di giarrettiera (cucita da lui ovviamente). 

Ci racconta di come volesse realizzare qualcosa con questo pezzo di manichino e allora aveva pensato al Moulin Rouge e alle ballerine di Can Can e aveva deciso di trasformare quella gamba in qualcosa di originale, inusuale, il suo personale omaggio al mondo dello spettacolo.

Ma c’é ancora qualcosa che attira la nostra attenzione nel suo piccolo giardino: una statua, forse Sant’Antonio, forse no. Di sicuro un francescano, col capo coperto.

Ma quello che più ci colpisce é la storia. 

João ci racconta che questa statua l’aveva trovata vicino ai rifiuti, rotta di lato, rovinata, e aveva voluto recuperarla, ma non aveva potuto. L’aveva poi ritrovata nel miradouro li vicino e aveva quindi pensato che la statua avesse ormai una nuova collocazione. 

Giorni dopo la statua era di nuovo li, abbandonata nella spazzatura. Allora João non aveva esitato, l’aveva recuperata, riparata, ridipinta e datole il posto d’onore nel suo piccolo giardino.

E allora ci confessa, che in realtà quella statua gli aveva ricordato una persona, un monaco eremita, vestito di bianco, che aveva rappresentato per lui un padre, che era stato per lui una guida (uno dei suoi figli porta il suo nome) e che era morto nello stesso anno di Amalia (1999) lasciando nella sua vita un grande vuoto. E quando quella statua era apparsa, per lui era stato come un segno che non poteva ignorare; doveva portarla a casa

Prima di lasciarci, João ci dice che la sua arte si estende anche ai presepi, che però non espone perché non vuole che qualcuno possa danneggiarli come é successo con qualche trono. 

E allora promette che ce li mostrerà, un giorno.

Nel frattempo ci tocca “accontentarci” del suo piccolo museo all’aria aperta che, con orgoglio, custodisce una delle tradizioni popolari più antiche di Lisbona

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