By : Ottobre 29th, 2020 Storie e leggende 0 Comments

Nel 1514, Afonso de Albuquerque, fondatore dell’Impero portoghese in Oriente e governatore delle Indie portoghesi, voleva costruire una fortezza a Diu, una città situata nel regno di Cambaia, governata dal re Modofar. Afonso de Albuquerque fu autorizzato dal re D. Manuel I, a inviare un’ambasciata al re di Cambaia, chiedendo l’autorizzazione per costruire la fortezza. Il re Modofar non cedette alla richiesta, ma, apprezzando le offerte ricevute, diede ad Afonso de Albuquerque un rinoceronte. Poiché era impossibile tenerlo a Goa, Afonso de Albuquerque decise di inviare il rinoceronte al re D. Manuel I, come regalo.

L’arrivo dell’animale a Lisbona suscitò molta curiosità, non solo in Portogallo ma nel resto d’Europa, principalmente per il suo aspetto: il rinoceronte pesava più di due tonnellate e aveva una pelle spessa e ruvida che formava tre grandi pieghe che gli davano lo strano aspetto di un’ armatura. Fu il primo rinoceronte vivente sul suolo europeo dal III secolo. 

Il rinoceronte, che si chiamava Ganda, fu installato nel parco del Palácio da Ribeira. Ricordando il re le storie romane sull’odio mortale tra elefanti e rinoceronti, D. Manuel I, che aveva un piccolo elefante come animale domestico, decise di verificare se questa storia era vera. Fu così organizzato un combattimento tra i due animali, cui parteciparono il re, la regina e i loro accompagnatori, oltre a molti altri ospiti importanti. L’evento venne organizzato nel terreiro do paço, oggi Praça do Commercio e furono allestiti dei palchi per assistere a questo spettacolo.

Quando i due animali si incontrarono faccia a faccia, l’elefante, che sembrava essere il più nervoso, andò nel panico e fuggi non appena il rinoceronte iniziò ad avvicinarsi, distruggendo i palchi e diffondendo il panico tra la gente.

Nel 1515 il re D. Manuele I decise di organizzare una nuova ambasciata straordinaria a Roma, per garantire l’appoggio del Papa, in seguito ai crescenti successi dei navigatori portoghesi in Oriente, e con l’obiettivo di consolidare il prestigio internazionale del regno. Tra le offerte decise di mandare il rinoceronte, che indossava un collare di velluto verde con rose e garofani dorati. La nave lasciò Lisbona nel dicembre 1515.

Una violenta tempesta si scatenò al largo di Genova, la nave affondò, l’intero equipaggio morì. Il rinoceronte, sebbene sapesse nuotare, finì per annegare, a causa delle catene. Tuttavia, fu possibile recuperare il suo corpo. Appresa la notizia, D. Manuel I ordinò di imbalsamare il rinoceronte e di inviarlo al Papa, come se niente fosse. Ma questo animale non ebbe grande successo con il Papa come l’elefante aveva fatto in precedenza!

In Portogallo questo rinoceronte è stato immortalato, essendo rappresentato nel Monastero di Alcobaça, dove c’è una rappresentazione naturalistica dell’animale a tutto corpo, con funzione di gargoyle, nel Chiostro del Silenzio. È stato anche ritratto dal grande maestro Albrecht Dürer, sulla base di una lettera di un mercante portoghese che conteneva un disegno del rinoceronte.

E un piccolo rinoceronte è stato anche immortalato nella torre di Belém. Dove? Vieni con me a visitarla e lo scopriremo.

By : Ottobre 26th, 2020 Artigianato 0 Comments

L’origine della filigrana risale al terzo millennio a.C. in Mesopotamia. I pezzi più antichi risalgono al 2500 a.C. e furono scoperti nell’odierno Iraq. Altri pezzi, scoperti in Siria, risalgono al 2100 a.C. circa.

È arrivata in Europa attraverso rotte commerciali nel Mar Mediterraneo, dove è diventata relativamente popolare nelle civiltà greca e romana. Le scoperte più antiche di gioielli in filigrana sono state fatte nell’Italia moderna e si stima risalgano al XVIII . Tuttavia, la filigrana continuò il suo viaggio e varcò i confini con l’India e la Cina. In Estremo Oriente veniva utilizzato principalmente come elemento decorativo e non come gioiello.

Ma in cosa si differenzia la filigrana dalle altre arti orafe?

Nel modo in cui diversi fili sottili disegnano modelli e vengono saldati insieme per creare un pezzo molto più grande. Nessun’altra arte orafa utilizza una tecnica di fusione simile per unire fili d’oro. Oggi – come migliaia di anni fa – i diversi fili che compongono ogni pezzo si uniscono solo attraverso il calore, senza ricorrere a nessun altro materiale o lega.

I pezzi di filigrana più antichi scoperti nella penisola iberica risalgono al 2000-2500 a.C., ma la loro origine non è chiara. Forse questi oggetti appartenevano a commercianti o navigatori originari del Medio Oriente e non sono stati prodotti qui.

Solo durante la dominazione romana, durante il sec. II a.C., l’estrazione mineraria iniziò ad esistere nella penisola.

Ma solo migliaia di anni dopo, nel secolo. VIII d.C., siamo stati in grado di garantire con certezza che la filigrana veniva sviluppata e prodotta in Portogallo. Fu con l’arrivo dei popoli arabi che emersero nuovi modelli e che, a poco a poco, la filigrana della Penisola cominciò a differenziarsi dalla filigrana di altre parti del mondo.

La filigrana portoghese rappresenta principalmente la natura, la religione e l’amore:

– il mare è rappresentato con pesci, conchiglie, onde e barche;

– la natura è l’ispirazione di fiori, trifogli e ghirlande;

– con motivi religiosi troviamo croci, come la croce maltese, e reliquiari. 

– l’amore, ovviamente, è l’ispirazione di tutti i cuori in filigrana.

Altri simboli iconici della filigrana portoghese:

– Il cuore di Viana: un simbolo di dedizione e adorazione del Sacro Cuore di Gesù. La regina Maria I fu colei che, grata per la “benedizione” di aver ricevuto un figlio maschio, ordinò che fosse realizzato  un cuore in oro.

Nel tempo, il cuore ha iniziato a essere legato all ‘“amore profano”, simbolo del legame tra due esseri umani. Divenne così popolare che le cornucopie e le linee del cuore di Viana iniziarono a essere riprodotte sui fazzoletti e ricamate su tutti i tipi di tessuti. Alla fine, questo ha portato il riconoscimento e la popolarità del Coração de Viana fino ai giorni nostri.

– Orecchini della regina: è quasi unanime che gli orecchini della regina siano apparsi in Portogallo durante il regno della regina D. Maria I (1734 – 1816). L’origine del nome, però, sembra risalire al regno di D. Maria II (1819 – 1853), che indossò un paio di questi orecchini durante una visita a Viana do Castelo nel 1852. Dopo questa visita divennero popolari come simbolo di ricchezza e stato  sociale e si guadagnarono il nome di “orecchini della regina”.

– Le arrecadas: iniziano ad essere gli orecchini della popolazione più umile e che le classi più privilegiate iniziano a imitare. All’origine c’erano le pietre di Castrejas, ispirate al quarto di luna.

Oggi, la produzione di filigrana in Portogallo è concentrata principalmente nelle aree di Gondomar e Póvoa do Lanhoso. La vicinanza della materia prima – proveniente, ad esempio, dalle montagne di Pias e Banjas – ha reso la regione uno dei nuclei più notevoli della gioielleria portoghese. Ancora oggi, nel 2018, Gondomar è responsabile del 60% della produzione nazionale di gioielli.

Una curiosità: l’oro portoghese è 19,2 carati (l’oro puro è 24).

By : Ottobre 23rd, 2020 Personaggi 0 Comments

Oggi parliamo di uno dei santi più contesi della storia, un santo che per noi italiani é senza dubbio Santo Antonio di Padova. Ma attenti ad affermarlo qui a Lisbona! Qui é santo Antonio di Lisbona. Durante i miei tour, invito i miei turisti a fare un piccolo esperimento: cercare Santo Antonio su wikipedia. Provate e vedrete che, se in tutte le lingue é Santo Antonio di Padova, in portoghese é Santo Antonio di Lisbona. Ma allora, qual é la verità? 

È uno dei Santi più amati della cristianità, eppure Sant’Antonio di Padova, come oggi è conosciuto, porta da sempre con sé questa curiosa polemica legata al suo nome.

A onor del vero, va detto che Antonio visse a Padova per appena 3 anni, gli ultimi della sua avventurosa vita. Fernando Martins de Bulhões – questo il suo vero nome – nacque in una facoltosa famiglia nel 1195 a Lisbona; ai tempi la città era tornata cristiana da circa 40 anni, dopo che Alfonso Henriques la sottrasse ai mori diventando così il primo re del Portogallo. Il padre Martinho, cavaliere del re, viveva con la sua famiglia in una casa vicino alla Cattedrale di Lisbona, dove Fernando fu battezzato.

Nel 1210, appena quindicenne, entrò nell’Ordine degli Agostiniani presso l’Abbazia di San Vincenzo di Lisbona. Dopo circa 2 anni venne trasferito presso il Convento di Santa Croce a Coimbra, vi rimase per circa 8 anni, durante i quali studiò assiduamente teologia. Nel 1219 arrivarono al convento i corpi decapitati di 5 frati inviati da Francesco d’Assisi in Marocco col compito di convertire i musulmani. Fernando rimase talmente sconvolto dall’accaduto da decidere di lasciare gli Agostiniani per entrare nell’Ordine francescano. Scelse quindi di cambiare il suo nome di battesimo in Antonio, e di partire come missionario egli stesso.

Antonio si imbarcò alla volta del Marocco nell’autunno del 1220. Tuttavia, giunto in Africa, contrasse una febbre tropicale che lo costrinse a tornare in Europa. Ma nel viaggio di ritorno in direzione della Penisola Iberica, la nave s’imbatté in una feroce tempesta che ne deviò la rotta in direzione del Mediterraneo.

L’imbarcazione naufragò in Sicilia. Qui, Antonio trovò rifugio nel convento francescano di Messina, dove venne a conoscenza del fatto che a maggio di quell’anno (1221) Francesco aveva convocato l’assemblea elettiva e legislativa dei frati dell’Ordine. Dopo un lungo viaggio, Antonio giunse ad Assisi dove conobbe personalmente il futuro Santo Patrono d’Italia. Antonio ricevette l’ordine di predicare e da lì ripartì per una nuova missione di conversione, stavolta al nord Italia, e alla fine del 1224 si spostò nella Francia meridionale.

Dopo aver trascorso 2 anni in Francia, nel 1226 saputo della morte di Francesco, Antonio rientrò in Italia. Le sue prediche cominciarono ad essere seguite da notevoli folli di persone, e non si fermarono nemmeno quando, sfiancato dai continui viaggi e dai lunghi digiuni ai quali si sottoponeva, si ammalò tanto da essere costretto a farsi portare in braccio sul pulpito. Morì il 13 giugno del 1231, all’etá di 36 anni.

Grazie alla fama guadagnata, fin dal giorno dei funerali la sua tomba divenne meta di pellegrinaggio per migliaia di devoti che notte e giorno sfilavano davanti al sarcofago chiedendo grazie e guarigioni. Furono attribuiti così tanti miracoli alla sua intercessione che il Vescovo di Padova “a furor di popolo” dovette sottoporli al giudizio di Papa Gregorio IX. Nel giugno 1232, un anno esatto dopo la sua morte, Antonio fu nominato Santo con “53 miracoli approvati” e la denominazione di Sant’Antonio di Padova. Quello stesso anno iniziarono nel capoluogo veneto i lavori di costruzione della Basilica destinata ad conservarne i resti e che oggi riceve milioni di visitatori ogni anno.

E i lisboeti, suoi concittadini? Devono tuttora accontentarsi di un frammento di osso del braccio sinistro, concesso dai francescani padovani e conservato nella cripta della più umile, ma altrettanto bella, Chiesa di Santo António de Lisboa, che sorge a pochi passi dalla Cattedrale nel luogo esatto dove, come vuole la leggenda, si trovava la casa dei suoi genitori.

In compenso al Santo è dedicata la più grande festa popolare della città, la famosa Notte di Sant’Antonio che ogni anno tra il 12 e il 13 giugno (anniversario della sua morte) riempie tutti i quartieri di marce, canti, balli e del caratteristico profumo di sardine, grigliate e consumate all’aperto da migliaia di avventori. Ma di questo, parleremo un’altra volta. 

By : Ottobre 20th, 2020 Personaggi 0 Comments

Maria Severa è, forse, la prima icona fadista in Portogallo.

Fu battezzata il 12 settembre 1820 nella Parrocchia dos Anjos, motivo per cui alcuni dicono che sia nata nella Mouraria, dove infatti, in Rua do Capelão, visse parte della sua vita, e dove morì. Ma la teoria più diffusa è che sia nata nella Madragoa dove sua madre, la Barbuda (così chiamata perché aveva molta barba che la costringeva a tagliarla spesso e coprirla con una sciarpa), una famosa e temuta prostituta della Mouraria  aveva un’osteria in Rua da Madragoa.

Severa suonava il fado con Manozinho, il più vecchio cantante di fado del posto, e Mesquita, un cantante di fado che lavorava come marinaio.

Visse solo 26 anni – dal 1820 al 1846 -, ma Maria Severa Onofriana, rivoluzionò la Lisbona del suo tempo, e grande fu la sua fama in vita e ancor di più dopo la sua morte.

Lo scrittore Júlio Dantas fu responsabile di quest’aura di fama per il suo romanzo e, più tardi, per la commedia “A Severa”, che in seguito Leitão de Barros adattò al cinema, realizzando così il primo film sonoro portoghese. Interpretato da Dina Tereza, il film uscì nel giugno 1931 al Teatro S. Luiz, dove rimase in scena per sei mesi  e fu visto da 200.000 spettatori.

Il personaggio del romanzo, da cui è stato costruito il mito di Severa, non corrisponde pienamente alla vita reale della cantante che fu, tra gli altri, amante dell’ultimo conte di Vimioso. L’attrice Palmira Bastos che è arrivata a incarnare il personaggio di Severa sul palco ha dichiarato di essere “la signora delle camelie portoghesi”.

Maria Severa si distingueva per il carattere “litigioso” che aveva ereditato dalla madre, ma essenzialmente per la sua voce e il modo di cantare, oltre che per la figura snella. Era “alta, magra ma non troppo, seno opulento, pelle bianchissima, occhi neri, molti capelli neri, sopracciglia folte, bocca rossa molto piccola, bei denti, vita sottile e piede piccolo”, come descritto da un contemporaneo.

Il pittore Francisco Metrass (1825-1861) abbozzò il suo ritratto, senza mai finirlo.

Severa visse nel pieno avvento del liberalismo quando iniziò a farsi sentire la fine dell’Antico Regime Assoluto.

I suoi contemporanei raccontano di aver lasciato ricordi scritti su Severa, che oltre a cantare il fado, si accompagnava, con una chitarra, e scriveva anche le poesie che cantava.

Un suo compagno, Manuel Botas, descrive il suo modo peculiare di cantare: “A volte era malinconica, in quei momenti cantava con un sentimento tale da impressionarci profondamente”.

Si dice che Severa, di cui non c’è registrazione audio, sia stata la prima persona a cantare fado per strada e raccontare i suoi problemi rappresentando la gente, e il motivo per cui il fado si è diffuso a livello di entità nazionale che oggi è.

Aveva diversi amanti noti, tra cui il conte di Vimioso (D. Francisco de Paula de Portugal e Castro) che, secondo la leggenda, era stregato dal modo in cui cantava e suonava la chitarra, portandola spesso alla corrida. Le fornì una grande celebrità e naturalmente permise a Severa un maggiore prestigio e un numero maggiore di opportunità di mettersi in mostra davanti a un pubblico di giovani dell’élite sociale e intellettuale portoghese.

Ma la differenza sociale non avrebbe mai permesso un matrimonio tra i due e, si racconta, questo causò la morte di Severa che morì di crepacuore. Morì in realtà povera e abbandonata, di tubercolosi, in un miserabile bordello di Rua do Capelão, il 30 novembre 1846.

Si dice che le sue ultime parole siano state: “Muoio senza aver mai vissuto” – aveva 26 anni.

By : Ottobre 17th, 2020 Gastronomia 0 Comments

La storia delle Ovos moles (uova morbide) ha origine conventuale nel XVI secolo. È stato nel Convento di Gesù di  Aveiro che questo dolce tipico è stato preparato per la prima volta. Mentre gli albumi venivano usati per le faccende domestiche – per inamidare i vestiti, ad esempio -, i tuorli non erano noti per l’uso. Fino al giorno in cui ci aggiunsero lo zucchero!

La canna da zucchero fu portata in Portogallo dagli arabi nell’VIII secolo e presto iniziarono a provare a piantarla. Tuttavia, è stato solo dopo pochi secoli che scoprirono che il luogo ideale per farlo era l’isola di Madeira. Di quella produzione una parte andava direttamente alla casa reale, che a sua volta ne distribuiva un’altra come elemosina a varie istituzioni e conventi.

Rinomate pasticcere, le suore del convento crearono rapidamente un delizioso dessert all’uovo che sarebbe poi sfociato nelle uova morbide di Aveiro.

Le Uova Morbide sono servite in un’ostia, per influenza dell’origine conventuale, in forme che rimandano alla città di Aveiro e alla sua tradizione di pesca e vicinanza al mare – pesce, conchiglie. Ma sono anche presentate in piccole botti dipinte a mano.

Dopo lo sviluppo della linea ferroviaria Porto-Lisbona, é iniziata la vendita di uova morbide alla fermata del treno alla stazione di Aveiro, tradizionalmente effettuata da donne vestite con costumi regionali. Il dolce è tradizionalmente venduto in botti di legno dipinte esternamente con barche moliceiro e altri motivi della Ria de Aveiro.

Eça de Queiroz ne Os Maias si riferiva alle Ovos moles di Aveiro!

Nella capitale, questa prelibatezza ha un posto di rilievo: la Casa dos Ovos Moles a Lisbona. In cialda o botti decorate con precisione, le uova morbide fanno parte di una lista di dolci conventuali che qui vengono serviti con tutta la tradizione e dove le uova la fanno da padrone. Fidalgo, Trouxas de Ovos, Celestes ou Toucinho do Céu accompagnati da una Ginjinha, un Porto o un Moscatel.

E come fare le uova morbide? Dai un’occhiata alla ricetta qui sotto …

Ingredienti: (24 unità)

12 gemme

12 cucchiai di zucchero

12 cucchiai d’acqua

4 fogli di cialda con stampini

Albume per sigillare le sfoglie

Confezione:

Mettere i tuorli, lo zucchero e l’acqua in una casseruola e portare sul fuoco mescolando continuamente finché la crema non si sarà addensata. Lasciar raffreddare.

Versare piccole porzioni di crema all’uovo, già fredda, in 2 fogli di cialda (lasciare un po ‘di crema per spalmare le altre foglie). Con un coltello stendete bene la crema, in modo da riempire gli spazi tra gli stampini.

Barrare gli stampini degli altri fogli di cialda e adagiarli sopra quelli precedenti.

Ritaglia gli stampini delle cialde già riempite.

Inumidite il pollice e l’indice nell’albume per unire i bordi. Tagliate i trucioli dagli stampini e avrete pronte le vostre uova morbide di Aveiro.

Adesso mettilo in pratica! E buon appetito!

By : Ottobre 14th, 2020 Artigianato, Tradizioni 0 Comments

La regione del Minho, nel nord del Portogallo, è nota per la qualità dei suoi ricami, quindi non sorprende che sia stato il luogo in cui è iniziata la tradizione del fazzoletto degli innamorati.

Si dice che in passato le ragazze del Minho in età da marito ricamassero il loro corredo, ma tra un pezzo e l’altro ricamavano di nascosto un quadratino, solitamente con versi d’amore e alcuni disegni.

Il suddetto fazzoletto rimaneva con la ragazza fino a quando non aveva l’opportunità di portarlo dal ragazzo che amava. Questo di solito accadeva durante la messa domenicale, quando lei “distrattamente” lo lasciava cadere accanto al ragazzo. Dopo il ricamo, il fazzoletto veniva quindi dato al futuro fidanzato e il fatto che lui lo usasse pubblicamente o meno, decideva il seguito del corteggiamento. Se il ragazzo accettava, si metteva il fazzoletto sopra il cappotto della domenica o se lo metteva al collo con il nodo rivolto in avanti o lo portava sulla tesa del cappello.

Altrimenti, il fazzoletto tornava nelle mani della ragazza. Se per caso, il ragazzo acccettava, ma in seguito cambiava fidanzata, riportava il fazzoletto e altri oggetti che appartenevano alla ragazza precedente, come fotografie, lettere, alla sua ex.

I fazzoletti rappresentano il sentimento della ragazza nei confronti del ragazzo, in cui scriveva piccoli versi d’amore, o simboli.

Il culmine di questa pratica ci fu tra il 1850 e il 1950, specialmente nelle città di Viana do Castelo, Guimarães, Vila Verde, Telões e Aboim da Nóbrega. La scrittura era segnata da errori di ortografia, poiché, per la maggior parte, le ragazze che le ricamavano provenivano da famiglie umili e con scarso livello culturale.

Oggi il fazzoletto degli innamorati è diventato un simpatico souvenir e alcuni più antichi, quando non sono cimeli di famiglia, sono esposti nei musei.

Fondamentalmente il fazzoletto degli innamorati è un fazzoletto realizzato con un pregiato panno di lino o una sciarpa di cotone, ricamato con vari motivi.

Essendo ricamati a punto croce, questi fazzoletti erano molto laboriosi e richiedevano tempo, costringendo la “ricamatrice” ad essere molto paziente e attenta nel realizzarli. Nel tempo sono stati adottati altri tipi di punti che erano più facili e veloci da ricamare. Con questa modifica cambiò anche la decorazione iniziale dei fazzoletti, i colori originali del nero e del rosso, daranno origine ad una serie di altri colori e altri motivi decorativi. Tuttavia, l’obiettivo principale non si é mai perso.

Si ritiene che da questi fazzoletti siano apparsi in seguito i fazzoletti nuziali molto più grandi, che la sposa indossava sulla sua testa, o in cui  avvolgeva il bouquet, così come i sacchetti indossati in vita ricamati con perline e nastri di velluto.

Fortunatamente, questo patrimonio non è stato dimenticato e, oggi, rimane uno dei simboli della cultura e della tradizione portoghese.

By : Ottobre 11th, 2020 Gastronomia 0 Comments

La cucina portoghese ha innumerevoli tesori gastronomici, ma, secondo me, uno dei più deliziosi è la Francesinha allo stile di Porto.

Questo piatto tipico della città di Porto consiste in una specie di tost che può essere preparato in diversi modi, ma che normalmente é composto da due fette di pan carré, salsiccia fresca, bistecca di manzo e prosciutto.

Oltre a questa delizia per il cuore, c’è una copertura quasi interamente a base di formaggio che, al forno, viene sciolto

Ma la salsa è sicuramente la sua componente più importante, diremmo addirittura: l’anima della Francesinha! Esistono diverse varianti della salsa, ma di solito vengono utilizzati almeno pomodori, birra e peperoncino. Poiché il segreto della Francesinha è nella salsa, esistono numerose varianti, come, ad esempio, salsa di frutti mare, liquori, vino di Porto, whisky o spezie varie.

La ciliegina sulla torta è l’uovo fritto in cima a questa torre di pane, carne e formaggio. Inoltre ci sono le patatine fritte e la birra freschissima.

Ma qual è la storia di questo piatto così buono per il nostro palato (e un po´ meno per il nostro colesterolo)?

Poiché la Francesinha è un piatto tradizionale così emblematico e popolare, proveniente da una città straordinaria come Porto, è naturale che sorgano storie diverse intorno all’origine del famoso piatto di Porto.

Alcuni sostengono che l’autore di questa creazione sia Daniel David Silva il quale, dopo essere emigrato in Francia, realizzò un prodotto nazionale, basato su tutte le influenze della città parigina, ispirato in particolare dal croque-monsieur o madame (con uovo in cima).

Nel 1953, circa, la Francesinha apparve nel ristorante A Regaleira, situato in Rua do Bonjardim a Porto. Lo stabilimento pubblicizza che questo piatto  straordinario sia stato creato nel suo spazio.

Altra leggenda  è che il nome “Francesinha” sia dovuto al fatto che questo è uno spuntino con piri-piri e, per questo motivo, piccante, una caratteristica che Daniel David Silva metterebbe in relazione con le donne francesi, per lui le più “piccanti” .

Il successo della Francesinha è così grande che è facile essere tentati di dare il nome “Francesinha” alle invenzioni più svariate: con diversi tipi di carne, con gamberetti, vegetariana, tra le altre.  Quindi, c’è diversità di scelta e, sebbene alcune varianti possano essere considerate legittime, altre dovrebbero essere considerate una vera propria eresia.

Io difendo la classica, pasto obbligatorio per me quando mi trovo a Porto, la città invicta. E tu? Quando vieni a visitare Porto con me e a provare una francesinha?

By : Ottobre 8th, 2020 Tradizioni 0 Comments

Il nostro articolo di oggi ci porta nella città di Aveiro, nel centro del Portogallo, conosciuta anche come la Venezia portoghese per i suoi canali e per la sua particolarissima “gondola”: i moliceiros.

Da italiana capisco i punti comuni delle due città, ma penso che i moliceiros, per la loro storia e tradizione, meritino un posto al di là del loro confronto con le gondole veneziane. E scopriamo  insieme perché.

 Il Moliceiro, come indica il nome, era una barca da lavoro usata per raccogliere il moliço, un’alga acquatica usata per fertilizzare i terreni agricoli in quasi tutta la regione di Aveiro. La sua risorsa predominava da Ovar a Mira, variando in dimensioni a seconda della zona di navigazione.

Sul punto di scomparire a causa della quasi estinzione dell’uso del moliço, il moliceiro è stato recentemente conservato. Reinventato come simbolo culturale dell’estuario di Aveiro, è ora inserito nel settore turistico.

È a Murtosa che nascono queste creazioni. In media, ci vogliono circa 25 giorni e 2 uomini per costruire un moliceiro. È essenzialmente costruito in legno di pino e pino marittimo, una specie predominante nella regione di Aveiro. La sua durata media di vita è di 7 anni.

Attualmente ci sono pochissimi costruttori navali dediti alla costruzione di moliceiros.

Il moliceiro è lungo circa 15 metri e largo 2,5 metri. Il suo bordo basso facilitava il carico del moliço, ma sono la sua elegante prua e poppa che, con i suoi dipinti, lo distinguono dalle altre navi portoghesi. Sono decorate con dipinti che affrontano temi che cambiano con i tempi. Questi motivi sono dovuti alle transizioni socio-culturali nella storia del Portogallo.

I dipinti dei moliceiros sono sempre composti da testo e immagine. Sono nati come una sorta di giornale  della Ria di Aveiro, una piattaforma per esprimere opinioni ed eventi tra le persone di Ovar, Murtosa, São Jacinto, Ílhavo, Mira … Ciò che accadeva in questi luoghi era rappresentato in questi dipinti. Erano e sono una forma di comunicazione che riporta le notizie, rende omaggio a personaggi cari o si fa beffe di altri non graditi.

In passato, era lo stesso costruttore navale a dipingere i moliceiros. Poi, per motivi di risparmio, i proprietari hanno iniziato a farlo. Attualmente, è un’opera commissionata da artisti della regione che si sforzano di preservare questa tradizione.

I vari argomenti trattati coprono contenuti religiosi, burleschi, sociali, storici e ricreativi, a seconda della situazione attuale e della copertura mediatica. Si commentano le opere e le vite di chi si occupa di barche, istituzioni pubbliche e personaggi, feste e cerimonie, le scoperte, i militari … I dipinti più recenti parlano, ad esempio, di squadre e giocatori di calcio, di fado, di politica, dell’Unione Europea, il Grande Fratello o la crisi economica … Nulla sfugge alla visione critica di un pittore di moliceiro!

Quindi ecco il mio consiglio: quando visitate Aveiro mettete in programma un viaggio in moliceiro, per scoprire la città da un punto di vista diverso. Un giro di 45 minuti per due persone costa tra i 20 e i 30 euro. E se preferite restare con i piedi per terra, non perdete l’occasione di andare a vedere i moliceiros da vicino per scoprire i loro interessanti dipinti.

By : Ottobre 5th, 2020 Re e Regine, Storia 0 Comments

Figlio di Dona Maria II e D Fernando II, D. Pedro V ha avuto un’attenta educazione morale e intellettuale, studiando tra le altre discipline, scienze naturali, filosofia, scrittura e lingue. Fin dalla tenera età ha mostrato una notevole intelligenza: all’età di due anni parlava tedesco e francese e all’età di dodici anni padroneggiava il greco e il latino e sapeva anche parlare inglese.

Ha viaggiato in diversi paesi e ha cercato di portare in Portogallo la modernità e l’evoluzione che ha incontrato in questi viaggi, è stato liberale e innovativo ma anche caritatevole e preoccupato per la sua gente. Ha inaugurato il primo telegrafo in Portogallo e anche la ferrovia tra Lisbona e  Carregado e veniva chiamato “Il re Santo” perché si rifiutò di lasciare Lisbona durante le epidemie di colera e febbre gialla dal 1853 al 1857 dove fornì assistenza diretta alle vittime e creò l’asilo D. Pedro V per accogliere gli orfani, dando loro l’istruzione primaria e insegnando loro un mestiere.

D. Pedro V non aveva grandi interessi matrimoniali, rifiutando per questo la sua prima promessa moglie, ma alla fine accettando la seconda, Estefânia de Hohenzollern-Sigmaringen.

Nell’aprile 1858, il re D. Pedro V e la regina D. Estefânia si sposarono per procura, ma si incontrarono solo un mese dopo.

Il matrimonio ebbe luogo il 18 maggio 1858, presso la chiesa di São Domingos, a Lisbona. L’intera città era pronta per ospitare l’evento.

Per compiacere la sua futura moglie, D. Pedro V, ordinò di realizzare uno dei gioielli più costosi della corona portoghese appositamente per il suo matrimonio. Un diadema con più di 4.000 diamanti ed è qui, secondo le persone, che iniziò la sfortuna di questa storia d’amore.

A quel tempo, i diamanti non dovevano essere usati dalle donne vergini al matrimonio e, come se non fosse un presagio sufficiente, il gioiello era così pesante da creare una ferita aperta sulla fronte della Regina. Quando lasciarono la chiesa con il sangue che scorreva dalla fronte della regina, le persone dettarono la  loro condanna: “Oh poverina… morirà!  

Tuttavia, per D Pedro V, dopo aver incontrato D. Estefânia, tutto era cambiato: la coppia sembrava innamorata, camminavano mano nella mano per i giardini di Sintra e Benfica.

Ma la regina doveva rimanere incinta.

Un anno dopo il matrimonio, la regina ebbe un malore e fu ricoverata. A soli 22 anni, la regina morì di difterite, contratta durante l’inaugurazione della ferrovia in Alentejo.

Il marito rimase al suo capezzale, senza dormire, per due giorni interi. I medici della casa reale eseguirono un’autopsia, ma il suo risultato fu reso pubblico solo 50 anni dopo in un articolo del famoso dottore Ricardo Jorge, poiché l’autopsia rivelò qualcosa di inatteso: la regina morì vergine!

Il giorno del funerale, Estefânia portò con sé il prezioso gioiello donato dal marito che all’arrivo al luogo previsto fu scambiato con una ghirlanda di fiori d’arancio … il gioiello, del valore di 86.953.645 reis, non fu mai più visto.

D. Pedro, distrutto per la perdita del suo grande amore, finì per morire l’11 novembre 1861, all’età di 24 anni. Morì di febbre tifoide, contratta bevendo acqua contaminata durante una caccia.

By : Ottobre 3rd, 2020 Luoghi e Monumenti, Storie e leggende 0 Comments

La Chiesa di São Domingos, una chiesa barocca situata nel centro storico di Lisbona, accanto a Praça do Rossio, risale al XIII secolo e, oltre ad essere una chiesa importante perché qui si celebravano matrimoni reali, è anche protagonista di una storia che ancora oggi ci fa rabbrividire.

La prima pietra della Chiesa di São Domingos fu posta nel 1241 e da allora ha subito successive campagne di restauro ed espansione.

Lo stile architettonico della Chiesa di São Domingos è una miscela dei diversi periodi e influenze che l’hanno plasmata, compreso nel 1748, con la riforma attuata da Frederico Ludovice al presbiterio, nonché i successivi lavori di ricostruzione di Manuel Caetano Sousa e i lavori di ricostruzione avvenuti dopo il grande incendio del 1959. Tra i vari elementi che lo costituiscono, spiccano il Manierismo e il Barocco.

Questa chiesa barocca è classificata come monumento nazionale. Presenta caratteristiche manieriste, con un’unica navata a croce latina, transetto prominente, presbiterio rettangolare, cripta circolare, chiostro e sacristia. L’esterno è caratterizzato dalla semplicità delle linee e l’interno è ricco ed eclettico, mettendo in risalto le sue grandi colonne, marmi e piastrelle.

Ma è una storia accaduta qui più di 500 anni fa che ha segnato per sempre la storia di questa chiesa.

Fu nella chiesa di São Domingos che iniziò uno degli episodi più oscuri della storia di Lisbona: il massacro degli ebrei della città nel 1506.

Il 19 aprile 1506, i fedeli riempirono la chiesa, chiedendo la fine della siccità e della peste, quando una luce entrò nella chiesa e qualcuno disse di aver visto il volto di Cristo illuminato. Presto tutti iniziarono a gridare al miracolo. Tra questi, una voce dissenziente: un cristiano nuovo, cioè un ebreo costretto a convertirsi al cristianesimo, cercò  di sostenere che si trattava solo di un fenomeno fisico, causato dal riflesso della luce. Infuriata, la folla si rivoltò contro di lui e lo picchiò a morte.

Era l’inizio di tre giorni di massacro nella città di Lisbona. La storia racconta che i frati domenicani gridarono contro gli ebrei e spinsero la gente a uccidere gli “eretici”. Molte persone avevano già lasciato la città a causa della peste, ma coloro che rimasero, a cui si unirono molti marinai di passaggio – “di navi dall’Olanda, dalla Zelanda, dalla Germania e da altre terre”, scrisse Damião de Góis -, non risparmiò il Ebrei che incrociarono il loro cammino. Uomini, donne e bambini furono torturati, massacrati e bruciati sul rogo, molti dei quali proprio lì vicino alla chiesa di São Domingos. Si dice che siano morti tra 2.000 e 4.000 ebrei.

Racconta Damião de Góis: “E siccome non sono riusciti a trovare nuovi cristiani per le strade, sono andati a rapinare le case in cui vivevano e li hanno trascinati in strada, con i loro figli, donne e figlie, e li hanno gettati nella mischia, vivi e morti, nel fuoco, senza pietà “.

25 anni dopo, nel 1531, un terribile terremoto danneggiò la chiesa che fu restaurata. Nel 1755, il grande terremoto di Lisbona danneggiò nuovamente e gravemente la chiesa. E non fu l’ultima tragedia. Un incendio si verificò  il 13 agosto 1959.

Quando la chiesa fu ricostruita (è stata riaperta nel 1994), si decise di lasciare i segni di quanto era accaduto. Oggi i muri bruciati ci ricordano la storia del massacro del 1506 – come se le parole di odio dei frati domenicani e il suono della folla inferocita e le urla degli ebrei riecheggiassero ancora tra le sue pareti.